LA SCIENZA E POTERE SULLA NATURA "Considerando poi i desideri e le ambizioni degli uomini [...] la prima è quella di coloro che lavorano senza posa per aumentare la loro personale potenza nella loro patria: questa è volgare e degenere. La seconda è quella di coloro che cercano di aumentare la potenza della loro patria nel mondo: questa ha in sé più dignità, ma non minore cupidigia. La terza è quella di coloro che cercano di instaurare ed esaltare la potenza e il dominio delluomo stesso, o di tutto il genere umano, sulluniverso: questa ambizione è senza dubbio più sana e più nobile. [...] Il dominio delluomo consiste solo nella conoscenza: luomo tanto può quanto sa; nessuna forza può spezzare la catena delle cose naturali; la natura infatti non si vince se non ubbidendole. [...] Al contrario, bisogna che i nuovi ritrovati delle arti si rivelino molto più importanti di ciò che è già a nostra disposizione e siano tali da non limitarsi solo a guidare gentilmente la natura, ma capaci di vincerla, di sottometterla e scuoterla dalla fondamenta. Accade quasi sempre che le scoperte raggiunte con facilità diano luogo a opere deboli: le radici, dove risiede la forza, sono nascoste nel profondo". Nel primo paragrafo Bacone sostiene che il fine ultimo del sapere umano non deve essere il vantaggio personale o della propria patria, bensì quello di riuscire a dominare la natura in modo tale che tutto il genere umano ne possa trarre vantaggio. Questo dominio, però, non può essere reale ed effettivo perchè bisogna sottostare alle leggi della natura che non possono essere infrante: quindi lunico modo per vincerla è obbedirle. Per cui il rapporto uomo-natura è fondato sul dominio e sullo sfruttamento, che hanno anche dei risvolti negativi per la natura stessa. Per evitare tali nocivi effetti, luomo deve sapersi porre dei limiti che gli vengono imposti dal grado di conoscenza che possiede; proprio questo sapere, quindi, è il mezzo che può permettere alluomo di giungere a quel dominio del mondo a cui è chiamato. Considerazioni tratte da: Filosofia: i testi, la storia. vol.II° (pp.177-178) |