L'IO PENSO

IO PENSO

"Ogni unificazione è un atto dell'intelletto, che designeremo con la denominazione generale di sintesi. [...] Noi non possiamo rappresentarci alcunché come unificato nell'oggetto, senza averlo noi stessi unificato in precedenza. [...] L'unificazione, fra tutte le rappresentazioni, è l'unica che non può essere data dagli oggetti, ma può essere costituita soltanto dal soggetto stesso, poichè essa è un atto della spontaneità del soggetto. Ci si accorge qui facilmente, che questo atto (l'io penso) dev'essere originariamente unico ed equivalente per ogni unificazione e che la separazione - analisi - che sembra essere il suo contrario, lo presuppone tuttavia sempre [...] L'Io penso deve poter accompagnare tutte le mie rappresentazioni, poiché altrimenti in me verrebbe rappresentato un qualcosa, che non potrebbe affatto venir pensato [...] L'Io penso è un atto della spontaneità [...] Io lo chiamo l'appercezione pura o anche l'appercezione originaria, poichè essa è quell'autocoscienza che produce la rappresentazione: Io penso [...] In effetti, le molteplici rappresentazioni, che sono date in una certa intuizione, non sarebbero tutte quante mie rappresentazioni, se non appartenessero tutte quante ad una sola autocoscienza".

(I. KANT, Critica della ragion pura, 152-157)

In questo brano Kant afferma che, se per mezzo dei sensi possiamo avere molteplici intuizioni dell'oggetto (si veda l'estetica trascendentale), la loro unione si realizza solo tramite l'attività spontanea, non dovuta all'esperienza (e quindi a priori), dell'intelletto. Ma tutte le produzioni dell'intelletto resterebbero isolate se non si ammettesse una capacità propria dell'uomo, quella di pensare. È proprio questa capacità innata nell'uomo a permettere l'unificazione di tutti i dati. Questa unificazione non può essere prerogativa dei dati, che sarebbero muti senza l'intervento delle domande dell'uomo (e, a dire il vero le domande resterebbero senza risposta - e perciò vuote - se non ci fossero i fenomeni).
Kant assume dalla tradizione filosofica moderna, sia empirista, sia razionalista, ciò che di positivo c'era (sintesi dagli empiristi e a priori dai razionalisti) costruendovi sopra tutto il suo pensiero. Ma mentre negli empiristi la sintesi avveniva a seguito dell'esperienza a posteriori e nei razionalisti l'a priori aveva un contenuto (idee innate), in Kant la sintesi è attività propria dell'Io penso e tutti gli a priori kantiani sono come tanti cassetti vuoti che aspettano di essere riempiti dal fenomeno in relazione a ciò che ogni cassetto è predisposto a contenere (cose rosse quello della qualità; cose numericamente disposte quello della quantità... ecc...). La sintesi di questi dati racchiusi nei cassetti, ovvero l'atto di unificazione, deve venire posto dalla facoltà del pensiero; solo chi può pensare è in grado di sintetizzzare le singole risposte in modo unitario. Tutte le rappresentazioni sono infatti unificate proprio perché accompagnate dalla coscienza che è l'uomo stesso a pensarle; se non fosse così, tali rappresentazioni non si presenterebbero neppure all'uomo e sarebbero addirittura del tutto estranee alla sua facoltà - potrebbe addirittura dire che esse non esistono perché non ha la facoltà di considerarle. L'io penso è la capacità di riunire in una unità tutte le rappresentazioni; rappresenta, così, l'unità trascendentale ultima di tutto ciò che viene pensato, l'attività organizzatrice dei dati che sono presenti nel mondo.