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Da dove ha origine il male? L’origine del male nel pensiero filosofico greco antico e cristiano medioevale |
Si riportano i materiali forniti agli studenti all’inizio del percorso:
Qual è l’origine o la causa del male?
Attraverso i testi degli autori antichi e medievali si ricavano le principali concezioni circa l’origine ed il significato del male nel mondo, problema ancora attuale e legato alla tradizione filosofica (non solo occidentale, anche se si è scelto di limitare l’indagine a quest’ultima). Da questo lavoro di analisi emerge la possibilità di una classificazione più contenutistica che cronologica, in quanto concezioni nate in tempi storici diversi tendono, pur con le inevitabili differenze (anche terminologiche), a sovrapporsi.
I concetti fondamentali
Nelle primitive espressioni religiose, il male è identificato con una o più divinità ostili che si contrappongono a quelle benefiche. Il bene ed il male derivano da forze superiori a quelle umane.
Il pensiero filosofico greco delle origini definisce fin dall’inizio quelle che saranno le principali interpretazioni del male (visto ormai come entità astratta):
Anassimandro
Nel frammento di Anassimandro il male sembra connesso all’esistenza stessa degli esseri e alla loro lotta reciproca, in un ciclo continuo di nascita (separazione) e dissoluzione (fusione)
Eraclito
Nei frammenti di Eraclito emerge, al di là della lotta perenne, l’unità dei contrari (male-bene) che è espressione dell’armonia e della razionalità del logos
Protagora
I sofisti introducono il relativismo gnoseologico. L’esempio del sano e del malato riportato da Platone nel Teeteto serve a dimostrare che non esistono verità oggettive, ma opinioni ugualmente accettabili in quanto determinate da differenti percezioni sensibili.
Nel brano tratto dal Protagora il relativismo viene applicato al concetto di bene che varia a seconda dei casi e delle situazioni, perdendo ogni significato assoluto ed ontologico
Socrate (da Platone): involontarietà del male
A partire dall’Apologia Platone riporta in diversi dialoghi la tesi socratica dell’involontarietà del male. L’origine del male è quindi l’ignoranza del vero bene, anche se quest’ultimo resta compreso nell’orizzonte umano e sociale, senza garanzie di ordine religioso o metafisico
Platone
Nel Timeo Platone attribuisce la malvagità umana alla mancanza di educazione e agli influssi negativi del corpo sull’anima. Il male nasce quindi dalla scarsa conoscenza del bene (che assume una precisa connotazione metafisica e la più elevata collocazione gerarchica nel mondo delle idee) e dall’imperfezione della materia (il corpo).
Nella Repubblica Platone dichiara che l’origine del male non può essere Dio, cioè un principio buono, perché sarebbe illogico che dal bene discendesse il male. Nel Timeo il problema viene risolto attribuendo alla materia un’essenza caotica ed imperfetta che solo parzialmente può venire ricondotta all’ordine dall’opera del divino artefice. Il male, inteso come imperfezione, è quindi un principio originario e ingenerato, come il demiurgo e il mondo delle idee.
Epicuro
Il pensiero di Epicuro esclude una concezione finalistica o fatalistica del susseguirsi degli eventi e quindi un qualche significato metafisico del male: il male è percezione del dolore e come tale legato essenzialmente alla vita dell’uomo. La morte non è quindi un male, ma al contrario, la cessazione di ogni sofferenza.
Ritorna, con alcune variazioni, il ragionamento logico di Platone, secondo il quale il male non può derivare dalla divinità perché estraneo alla sua essenza buona e perfetta, ma, al contrario di Platone, neppure il bene è visto discendere dagli dei, che vivono negli intermundi senza intervenire nelle vicende umane.
Stoici
Nello stoicismo il male concorre, come ogni altra cosa, a realizzare il bene del Tutto. Visto nel quadro metafisico universale il male è quindi tale solo in apparenza ed è una pretesa assurda l’idea di poterlo separare dal bene complessivo che si realizza nel cosmo, anche perché gli uomini non possono cambiare il corso del destino.
Plotino
Anche negli scritti di Plotino, come nei testi degli stoici, viene esplicitamente detto che il male è necessario all’ordine del mondo e quindi alla sua perfezione.
In alcuni passi si avverte il riferimento al mito platonico del demiurgo che identifica il male con la materia caotica e il bene con l’intelligenza ordinatrice, entrambi come principi originari necessari all’esistenza dell’universo (soluzione dualista). In altri passi Plotino intuisce invece la possibilità che il male non esista ontologicamente e che tutto ciò che chiamiamo male (dalla malattia, alla bruttezza, alla povertà) sia in realtà "privazione di bene" (soluzione monista).
Agostino
Nell’ambito della filosofia cristiana, Agostino, con la sua rigorosa indagine logica e psicologica, si chiede da dove ha origine il male (dal momento che tutto ha origine da un Dio buono) e che cosa spinge l’uomo in alcuni casi a desiderarlo volontariamente. Egli riprende la soluzione di Plotino negando entità metafisica al male e definendolo privazione di bene, ma sottolineando anche che nessuna sostanza (neppure la materia), può essere totalmente priva di bene, perché la totale privazione di bene (cioè il male assoluto) equivarrebbe ad una totale assenza di esistenza.
Così nel peccare non ci si rivolge verso "nature cattive", ma verso esseri inferiori nel bene rispetto all’essere sommo: è questa scelta (della quale è responsabile l’uomo) ad essere malvagia, non l’oggetto della scelta.