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Comunicazione Filosofica n. 13 aprile 2004

Serge Cospérec – Jean-Jacques Rosat (coordonné par), Les connaissances et la pensée, Bréal, 2003, pp. 268

 

Les connaissances et la pensée nasce dai lavori del quarto Convegno dell’Acireph, l’Association pour la création d’instituts de recherche sur l’enseignement de la philosophie, svoltosi a Parigi nell’ottobre 2002 e dedicato al tema: Quelle place faire aux savoirs dans l’enseignement de la philosophie?.

L’interrogativo rivela la presenza di una contrapposizione, nella riflessione e nella pratica didattica francese, tra la finalità attribuita all’insegnamento filosofico – educare al pensiero autonomo e critico – e la trasmissione di conoscenze agli alunni, attività giudicata non filosofica. Un giudizio condiviso da un’ampia parte dei docenti francesi, nonostante la filosofia, nel corso dei secoli, si sia arricchita di “un héritage de concepts et de doctrines qui forment un outillage sans lequel on ne saurait philosopher aujourd’hui un peu sérieusement” e nonostante la filosofia – come ogni disciplina scolastica – debba concorrere alla formazione personale degli allievi, promuovendo l’assimilazione e la padronanza di un insieme di conoscenze.

La contrapposizione ricordata affonda le sue radici, da un lato, nel disaccordo sulle idee e sugli autori da assumere come riferimenti fondamentali per un’adeguata educazione filosofica dei giovani, disaccordo acuito dagli sviluppi della stessa filosofia contemporanea; dall’altro, nell’eterogeneità della preparazione degli alunni, conseguenza della democratizzazione degli studi liceali, verificatasi nel corso dell’ultimo trentennio. Infatti, proprio la carenza di una solida formazione culturale comune – base dei tradizionali corsi di filosofia – ha posto con urgenza l’interrogativo sui saperi indispensabili agli studenti per filosofare. Tuttavia, nonostante l’evidenza del problema, anche nel recente dibattito sulla riforma dei programmi francesi è riemersa con forza l’opposizione a una precisa definizione dei contenuti dell’insegnamento, come se l’indicazione delle conoscenze da proporre agli alunni potesse annullare la dimensione filosofica dell’attività in classe.

 

Attraverso il volume Les connaissances et la pensée è possibile approfondire il problema discusso nel Convegno dell’Acireph secondo diverse prospettive, corrispondenti alle quattro sezioni del volume.

Particolarmente significative per il lettore italiano, interessato a un confronto con la situazione francese, appaiono le questioni affrontate nella terza parte, Connaître la philosophie. Non per niente Le cas italien è presentato proprio in questa sezione da Gérard Malkassian, attento a evidenziare la specificità della nostra tradizione di insegnamento filosofico, nella sua diversità rispetto alla tradizione francese, e a ricostruire il dibattito sviluppatosi attorno alla sperimentazione dei Programmi Brocca.

Una valida occasione di confronto è fornita già dal primo contributo della terza sezione, La philosophie, ça s’apprend aussi di Jean-Jacques Rosat. L’autore si interroga sullo spazio da riservare alla conoscenza della storia della filosofia nello studio scolastico della disciplina. Discutendo l’impostazione dell’insegnamento filosofico francese, sottolinea l’opportunità di arricchire l’approccio per problemi – per sua natura antistorico – con l’introduzione di elementi di storia della filosofia, al fine di rispondere alle esigenze di formazione culturale dei giovani, di contestualizzazione del sapere, di educazione di lettori di testi filosofici.

Le vocabulaire philosophique est-il un savoir? di Cécile Victorri conduce una riflessione sull’apprendimento dei concetti filosofici come acquisizione di contenuti di conoscenza all’interno dell’insegnamento della disciplina, pur nella consapevolezza – ribadita dall’autrice – della distanza tra la formazione al “fare filosofia” e la competenza nell’uso del vocabolario filosofico, che ne costituisce solo un aspetto.

Infine, in Comment apprendre à raisonner?, Gérard Chomienne mette a tema la questione del posto  riservato allo studio della logica e delle teorie dell’argomentazione nella formazione filosofica liceale e sottolinea l’importanza dell’“apprendere a ragionare” sia per elaborare la dissertation, sia per partecipare costruttivamente a una discussione, sia per studiare e commentare i testi.

 

Interessanti per un approfondimento del tema Quelle place faire aux savoirs dans l’enseignement de la philosophie? risultano anche i contributi compresi nelle altre tre sezioni del volume.

Nella prima parte – Quand les sciences changent – Philippe Descola, con Nature/culture: un paradigme à relativiser, e Daniel Andler, con Que faire des sciences cognitives?, mostrano come lo sviluppo dei saperi comporti una revisione della mappa delle “manières de penser”, costringendo la filosofia a ridefinire le questioni tradizionali, perfino nella loro formulazione concettuale.

I contributi della seconda parte, Connaître pour philosopher, riferendosi ai precisi esempi della fisica, dell’etologia e della psicoanalisi, riportano l’attenzione sul tema della funzione e del ruolo delle scienze nello studio della filosofia, confermando gli effetti negativi – anche in termini di apprendimento scolastico – della divisione tra la riflessione filosofica e gli altri saperi.

Nella quarta sezione – Les connaissances dans la formation et les concours – Claudine Tiercelin sottolinea il nesso tra il posto riservato agli altri saperi nella formazione dei docenti di filosofia e il modo in cui il futuro professore, nel suo insegnamento, si rapporterà alle conoscenze indispensabili per pensare ed elaborare un punto di vista filosofico.

Il volume propone, quindi, notevoli spunti di riflessione per i lettori sensibili ai problemi della revisione dei curricoli di filosofia e della collocazione della disciplina nei piani di studio dell’istruzione secondaria, considerato il processo di riforma ormai avviato nella scuola italiana.