Considerazioni  intorno alla scelta del tema

1. Il punto di partenza è la constatazione di un dato di fatto: viviamo con fatica (le cronache di ogni giorno lo testimoniano) in una società multiculturale, dove l’incontro con l’altro, che incarna una identità culturale diversa dalla nostra, non è più episodico, ma è una condizione stabile, che caratterizza la convivenza sociale e la rende problematica. Questo disagio ha tanti nomi e genera diverse reazioni  racchiuse entro gli estremi dell’accoglienza o del rifiuto, della rinuncia alla propria identità culturale in nome del rispetto e del riconoscimento di uno spazio vitale neutro, quindi, disponibile anche per l’altro o della riaffermazione tout court della identità, qualunque essa sia. Ambedue le posizioni sono in difetto perché se da una parte si presenta una “identità debole o discreta”, in realtà si sta rinunciando ad elaborare il problema preferendo ritrarsi per lasciare libero uno spazio asettico, che è di tutti e di nessuno e, quindi, tendenzialmente vuoto. Dall’altra parte si proclama una “identità forte”, che toglie arbitrariamente la questione senza argomentare, se non nei termini di proclami, riaffermando la “superiorità” di una tradizione culturale.

Questa situazione reale interpella le diverse agenzie educative sparse sul territorio nazionale perché se ne prendano cura e la scuola è in prima linea, soprattutto perché anch’essa vive in questa condizione: è un altro dato di fatto la composizione multiculturale di una normale classe di alunni ed è un dato di fatto che per la scuola si configura come un preciso bisogno formativo degli studenti. Assolvere a questo bisogno formativo significa, da parte della scuola, impegnarsi ad affrontare ed elaborare criticamente, facendo opera di mediazione culturale, la questione dell’identità culturale che non si pone in astratto, ma storicamente ovvero interrogando la nostra tradizione culturale. Solamente riconsiderando la “vicenda dell’Occidente” alla ricerca di cosa e come ha plasmato tale tradizione e identità sarà possibile educare gli studenti ad una possibile convivenza sociale.

In questa direzione, la scuola non può limitarsi ad un argomentato lavoro di ricostruzione, ma deve puntare attraverso esso alla crescita delle competenze e delle capacità degli studenti, soprattutto plasmando una capacità autonoma di elaborazione critica del problema, posseduto a livello cognitivo e metacognitivo.

2. A partire da queste considerazioni ho interpellato la vicenda dell’Occidente cercando di individuare un momento storico utile allo scopo in questione.  Le radici della nostra tradizione culturale sono da ricercarsi nello studio della civiltà greca che nella scuola media superiore, soprattutto nell’indirizzo classico, viene proposto a tutto campo: storia, letteratura e filosofia. A volte, se non spesso, lo studente non riesce ad avere uno sguardo critico d’insieme e nemmeno a cogliere le questioni di fondo che la Grecità ha lasciato in eredità al mondo occidentale perché lo studio della civiltà greca è diluito e distribuito lungo diversi anni e perché a diverse discipline corrispondono diversi docenti che svolgono il loro lavoro per compartimenti stagni. Mi sembra necessario per una piena formazione, al contrario, offrire agli studenti una opportunità a questo riguardo e quanto prima. A questo proposito, lo studio della filosofia greca nel terzo anno della scuola media superiore offre una indubbia chance perché, da un lato, ha di fronte uno studente già introdotto al mondo greco (storia, lingua e letteratura) e, dall’altro lato, l’introduzione alla vicenda greca della filosofia è svolta rispondendo all’interrogativo Che cos’è la filosofia e perché la filosofia è nata in Grecia? Ovvero si configura intrinsecamente come una visione d’insieme e, al contempo, sintetica che tenta di descrivere l’avvento della filosofia in Grecia a partire dal confronto con l’Oriente (Egitto e cultura mesopotamica) e distinguendola da ciò che ha preceduto e costituisce lo sfondo e il punto di partenza della filosofia stessa: la poesia, la sapienza e la religione greca, in una parola il mythos.

È nota la lettura tradizionale dell’avvento della filosofia, lettura che si ritrova nei manuali in circolazione e che ha nella Storia della filosofia antica di G. Reale un voce autorevole. Egli evidenzia come la filosofia sia emersa da un confronto critico col plesso originario della poesia e della religione (le forme della vita spirituale greca), senza dimenticare le condizioni politiche, sociali ed economiche. Egli sottolinea, inoltre,  come la filosofia sia la creazione del genio greco, che produsse, per la Grecia e per l’umanità intera, un salto qualitativo e un guadagno permanente. Un punto fondamentale e critico di questa tesi è la trattazione del passaggio dal mythos al logos così come è stata vissuta da Platone ed Aristotele ovvero come l’abbandono del mondo mitico a favore del mondo razionale, che da qui in avanti caratterizzerà la Grecità (e l’Occidente).

Di questa interpretazione ho sempre fatto fatica ad accettare, in primo luogo, il senso di “implicita superiorità”, che mi pare sotteso alle ricorrenti espressioni di creazione del genio greco, salto qualitativo, guadagno permanente, attribuito alla civiltà greca nei confronti dell’Oriente e, estensivamente, delle altre popolazioni e culture, definite barbare dai Greci, e, in secondo luogo, il deprezzamento del mythos, espressione di fantasia e di fede (cfr. G. Reale, Storia della filosofia antica. Vol. II, Vita e Pensiero, Milano 1988, p. 48). Questa perplessità ha orientato il mio studio personale intorno alla natura e al significato del mythos, del passaggio dal mythos al logos, con la dichiarata intenzione di riconsiderare meglio l’argomento e di puntualizzare il senso del salto qualitativo ovvero della “superiorità” greca. A ciò si affianca un esplicito scopo formativo ed educativo: rendere ragione dell’originalità greca, che ha prodotto il passaggio dal mythos al logos, significa indagare come la civiltà greca ha posto e risolto il problema di chi greco non era e questo può illuminare la questione e il bisogno formativo degli studenti circa il vivere in una società multiculturale, dove chi europeo non è, lo è anche perché il suo mondo non ha visto l’avvento del logos e il congedo dal mythos.

3. Lo svolgimento del tema scelto, che abbraccia anche la poesia e la religione, se vuole effettivamente raggiungere l’obiettivo dichiarato ovvero tematizzare un momento in cui è emersa l’identità greca (e occidentale), esige per sua natura la collaborazione professionale dei docenti di lettere antiche e di religione.  Di conseguenza il percorso didattico assume un carattere multidisciplinare.

In secondo luogo il percorso didattico indica chiaramente il livello metacognitivo illustrando i diversi paradigmi ermeneutici sottesi alla comprensione del passaggio dal mythos al logos con particolare riferimento alla riflessione contemporanea. Ciò è determinante in ordine all’educazione della capacità autonoma di elaborazione critica degli studenti.