Tucidide, Storie, I, 22 (a cura di G. Donini, UTET, Torino 1982, pp. 123 – 124)

Per quanto riguarda i discorsi che gli oratori di ciascuna città pronunciarono, sia quando stavano per entrare in guerra sia nel corso di essa, era difficile ricordare con esattezza proprio ciò che era stato detto, tanto per me ri­cordare le cose che io stesso avevo udito, che per coloro che le avevano sentite da qualche altra fonte: ma come mi sembrava che ciascuno avrebbe potuto dire le cose più appropriate per ogni situazione che si presentava, tenendomi il più vicino possibile al senso generale di ciò che era stato veramente detto, così sono presentati i discorsi. Quanto ai fatti avvenuti durante la guerra, non ho ritenuto che fosse il caso di raccontarli secondo le informazioni avute dal primo che capitava, né come a me pareva, ma ho ri­ferito quelli a cui io stesso ero presente, e per quelli che ho appreso da altri ho compiuto un esame su ciascuno di essi con la massima accuratezza possibile. Sono stati ap­purati con fatica, perché le persone presenti a ciascun fatto non dicevano le stesse cose riguardo agli stessi avvenimenti, ma parlavano secondo la loro simpatia verso l'una o l'altra parte, o secondo la loro memoria. Forse l'assenza del favoloso [mythòdes] dai fatti li farà apparire meno gradevoli all'ascolto: ma se quanti vorranno vedere la verità degli avvenimenti passati e di quelli che nel futuro si saranno rivelati, in con­formità con la natura umana, tali o simili a questi, giudi­cheranno utile la mia narrazione, sarà sufficiente. È stata composta come un possesso per sempre piuttosto che come un pezzo per competizione da ascoltare sul momento.