4. La
filosofia moderna.
La filosofia moderna si è occupata a più riprese del mythos
e si è divisa nel considerarlo “in se stesso” o come “altro da sé”.
4. 1. Il mythos come “altro da sé”: la linea
empirista e razionalista.
Questo indirizzo di pensiero è rappresentato da D.
Hume (Storia naturale delle religioni – 1757) che offre una spiegazione
esistenzial-psicologica e religiosa della mitologia. Essa nasce dall’angoscia
dell’uomo di fronte alla morte e alla vita ostile, angoscia che viene placata
dalla fede in Dio. Il mythos, quindi, svela lo stadio primitivo e
infantile, alogico e irrazionale ovvero
istintivo dell’uomo in cammino verso un sano empirismo, senza per questo
sfociare nell’ateismo.
In Hegel l’inclusione del mythos greco (e del
mondo greco) come terra natale dell’europeo colto e l’inclusione della
religione come autosapersi dello Spirito nella rappresentazione della fede
descrive un orizzonte di comprensione evolutivo che va dal mythos al logos
e pone il problema della pertinenza veritativa, permanente o effimera, del mythos
che genererà la divisione tra Destra e Sinistra hegeliana. Interessante, a
questo riguardo, è la linea Feuerbach-Marx che riterrà utile il mythos
religioso per comprendere la vera natura umana ovvero la condizione
alienata.
Il Positivismo di Comte, infine, relega il mythos nello
stadio teologico o fittizio, nel quale i fenomeni naturali vengono attribuiti a
esseri divini.
4. 2. Il mythos “in se stesso”.
L’indirizzo è autorevolmente rappresentato da G. B.
Vico e da F. W. Schelling.
Per il primo il mythos non ha nulla a che fare
con la favola e non si contrappone al mondo reale e razionale, ma rivendica
l’autonomia del pensare mitico come secondo grado dello sviluppo dell’umanità.
Tuttavia, esso è ricondotto alla fantasia ovvero è espressione dell’umanità
fanciulla.
Per il secondo il mythos è manifestazione
propria dell’assoluto e condizione necessaria dell’arte, di cui è la prima e
l’ultima forma. Il mythos, infatti, è la necessaria e istintiva forma
espressiva dell’uomo lontano da Dio, appartiene all’ordine dell’affettività e
del volere, non è allegoria ma va classificato come “tautegorico” ovvero dice
ciò che non può se non essere detto in tal modo. Esso è la forma storica
dell’umanità primitiva in cui si manifesta l’ideale e il divino all’uomo o, in
altre parole, è “rivelazione primitiva” di Dio nella coscienza umana in un
“tempo primordiale”, cui ne seguiranno altri.