Il
soggetto e il mondo come prodotti dell'azione
I
titoli corrispondono a quelli dei paragrafi del libro. Sono stati effettuati
alcuni tagli ed eliminate le note.
Quando un'azione approda nel mondo (Welt)
che, a differenza di ciò che è l'ambiente (Um‑welt)
per l'animale, non è già organizzato in funzione della vita dell'uomo,
produce, quando è azione riuscita, quelle condizioni d'esistenza che sono gli
"oggetti utili a…”.
La risposta positiva dell'oggetto ai bisogni dell'organismo è ciò che
sottrae l'oggetto allo statuto indifferente della cosa per iscriverlo
nell'orizzonte del significato, creando, insieme agli oggetti divenuti
"significativi", l'ambiente umano che dunque non preesiste, come nel
caso dell'animale, all'azione, ma è da questa creato.
A differenza dell'animale, infatti, l'organismo umano
non è un apparato sensorio che, da una condizione di passività, risponde a
determinati stimoli provenienti dal mondo, ma un apparato produttivo che,
agendo, determina il proprio ambiente che dunque nasce come risposta alla sua
azione. In altri termini, l'azione, intervenendo nel mondo, rende possibile la
comparsa di quelle situazioni o di quegli oggetti che non preesistono, ma
vengono creati dall'azione che li interroga. Così una pietra è un’arma non
in se stessa, ma quando è investita da un'azione che la impiega come tale; allo
stesso modo l'erba è un commestibile non in se stessa, ma perché esistono
degli erbivori per il cui istinto l'erba è commestibile. Ciò significa che le
cose sono nella natura, ma il loro significato è creato per l'animale
dall'istinto e per l'uomo dall'azione. Con questa differenza: che l'istinto
trova già predisposto quello che l'azione deve produrre nel suo reiterato
contatto con le cose. Qui avviene quella pratica selettiva che lascia
nell'insignificanza ciò che non risponde al bisogno, mentre fa emergere tutte
le risposte positive che, messe in relazione, formano quella costellazione di
significati che costituiscono per l'uomo il suo mondo.
Il mondo allora è una riserva infinita di
significati latenti da cui emergono quelli che l'azione rende palesi. Il loro
palesarsi costituisce quel primo nucleo di significati che diventano centri di
irradiazione per ulteriori significazioni, quindi stimoli che sollecitano
ulteriori risposte in una progressione di cui non si può indicare il limite.
Siccome l'uomo non abita il mondo, ma la costellazione dei significati che la
sua azione ha fatto emergere, possiamo dire che il mondo che l'uomo conosce e
abita è il mondo che la sua azione ha costruito.
Ma, costruendo il mondo, l'uomo costruisce se stesso,
perché il significato che le cose acquistano quando sono investite dall'azione
agisce come stimolo sull'organismo umano informandolo del significato acquisito
dalle cose. La soggettività non è altro che l'interiorizzazione di questi
significati, dove l'azione ripetuta produce l'abilità che, interiorizzata, si
esprime come abitudine. L'abitudine, a sua volta, esonera dalla ripetizione dei
tentativi e libera l'azione per la produzione di altre significazioni. Non
quindi una soggettività che decide l'azione, ma il successo reiterato
dell'azione che crea il primo nucleo della soggettività.
Tutto ciò è facilmente verificabile nel bambino, la
cui soggettività non precede l'azione, ma si costituisce sui successi ripetuti
e acquisiti delle sue azioni. il primo nucleo della soggettività, infatti,
non è altro che l'organizzazione della serie di atteggiamenti che il
bambino è in grado di assumere nei confronti dell'ambiente costruito dalla
serie dei successi e degli insuccessi delle sue azioni. Il successo agevola la
capacità di distinguere uno stimolo da un altro e quindi di indirizzare
direttamente la risposta allo stimolo idoneo a combinarsi con altri,
tralasciando gli stimoli non idonei; l'insuccesso ritarda le combinazioni
produttive e la capacità di esonerarsi nei confronti degli stimoli
improduttivi.
Tutto ciò è comprensibile alla sola condizione che
la soggettività sia pensata non come una sostanza, ma come una funzione: la
funzione di essere al mondo, perché nel mondo essa è collocata e non nel
cervello. Nel cervello c'è solo il meccanismo fisiologico in grado di attivarla
o di sopirla, ossia di aprirla o chiuderla al mondo dove sono le cose che, con
le loro caratteristiche, consentono alla soggettività di controllare la propria
esperienza, ossia di disciplinarsi nella visione delle cose in modo da poter
discernere le vie impraticabili da quelle praticabili e, tra queste, quelle più
idonee a trovare espressione in un determinato ambito di esperienza.
"Esperienza" significa disporre di un insieme di atteggiamenti
organizzati, maturati a partire dalle risposte positive ottenute dalle nostre
azioni. Queste hanno disegnato per noi il mondo.
Se è vero, come si diceva sopra, che se non ci
fossero animali erbivori, l'erba non sarebbe un cibo, allora è giocoforza
concludere che è l'organismo a far nascere gli oggetti e quindi a creare un
mondo. E ciò va detto nel senso che la reazione organica è responsabile della
comparsa di tutta una serie di oggetti che non sarebbero mai venuti in luce in
assenza di un certo organismo. Unica, ma decisiva differenza, è che a far
sorgere il mondo nell'animale è l'istinto, mentre nell'uomo è l'azione che fa
emergere nelle cose certe caratteristiche che si evidenziano solo in relazione a
una determinata esperienza e che in nessun modo emergerebbero al di fuori di
tale relazione. investite dall'azione le cose assumono un significato la cui
interiorizzazione costituisce quella che chiamiamo "soggettività".
Un'interiorità generata dall'esteriorità e in vista dell'esteriorità, perché
la soggettività, lo ripetiamo, non è una sostanza ma è una funzione, la
funzione di rispondere al mondo che l'azione ha creato.
Esempi
di domande per stimolare la discussione in classe
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Che cosa significa che il significato delle cose per l'uomo è prodotto
dall'azione? |
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Che differenza c'è tra la risposta dell'animale e quella dell'uomo
all'ambiente? |
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In che modo l'uomo "costruisce" il mondo? |
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Che conseguenze comporta dire che l'uomo, costruendo il
mondo, costruisce se stesso? |
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