La tecnica come condizione dell'interpretazione del mondo

I titoli corrispondono a quelli dei paragrafi del libro. Sono stati effettuati alcuni tagli ed eliminate le note.

L'uomo non ha mai abitato il mondo, ma sempre e solo l'interpretazione che le varie epoche hanno dato del mondo. Quando nel mondo antico il mondo era descritto dal mito, quando nel medioevo era descritto dalla religione, quando nell'età moderna era descritto dalla scienza e oggi dalla tecnica, gli uomini non hanno mai abitato il mondo, ma la sua interpretazione prima mitica, poi religiosa, quindi scientifica e ora tecnica. Se così non fosse stato, non potremmo parlare di storia e di successione di epoche.

  Dagli antichi a noi, ad esempio, la natura ha sempre ribadito il suo ciclo, ma la sua interpretazione l'ha inserita in scenari a tal punto diversi da farla apparire come qualcosa di completamente diverso. Una cosa infatti è pensare la natura come quell'ordine immutabile posto a misura di tutte le cose, altra cosa è pensarla come creatura di Dio posta al servizio dell'uomo, altra ancora è pensarla come fondo disponibile di risorse all'interno di quella progettualità tecnica che include anche l'uomo tra i materiali disponibili.

  In questa successione di scenari ognuno vede che il significato delle cose, nel nostro caso la natura, non è affidato alle cose stesse, ma alla loro interpretazione che, connettendole in un impianto di significati di volta in volta differenti, le fa apparire come cose del tutto differenti. Ed è l'apparire che l'uomo abita, la disposizione del mondo e non il mondo. A partire da questa disposizione del mondo l'uomo comprende se stesso ora miticamente, ora religiosamente, ora scientificamente, ora tecnicamente. In questo senso dicevamo che oggi, a differenza di quanto accadeva nell'antichità, la tecnica non può più essere compresa in una definizione puramente strumentale e antropologica, perché oggi, a differenza di quanto accadeva nell'antichità, la tecnica non è un mezzo al servizio dell'uomo che comprendeva se stesso a partire da un orizzonte mitico o religioso, ma è l'orizzonte a partire dal quale l'uomo comprende se stesso.

  Qui è la differenza radicale tra tecnica antica e tecnica moderna, e da qui dipendono quelle trasformazioni antropologiche dovute al fatto che l'uomo percepisce se stesso a partire non Più dalle sue idee mitiche, religiose, filosofiche o scientifiche, ma a partire dall'apparato tecnico che ha disposto per lui un mondo di strumenti, all'interno del quale solamente è dato all'uomo di leggere e intendere se stesso.

  La forma di questo mondo è la disponibilità di tutte le cose nelle direzioni indicate dalla tecnica, quasi che le cose, e l'uomo con esse, avessero perso la loro intrinseca natura per trovarla là dove le possibilità tecniche la indicano. Quando un falegname entra in un bosco non vede le stesse cose che vede un poeta. La tecnica, di cui il falegname è funzionario, fa apparire il bosco non come un paesaggio, ma come un fondo a disposizione di quell'impiego che il falegname conosce come destinazione degli alberi. Assumendo l'aspetto che lo sguardo tecnico gli conferisce, il bosco muta volto e acquista quel significato che la possibilità dell'impiego tecnico gli assegna.

  Qui la tecnica, prima di essere strumento nelle mani dell'uomo, è visione del mondo che decide la natura della cosa e la qualità dello sguardo. A questo livello qualsiasi definizione puramente strumentale o antropologica della tecnica non ne coglie né l'essenza né la portata. L'uomo, infatti, può impiegare le cose come mezzi e come strumenti solo là dove la tecnica ha portato in evidenza la strumentalità di tutte le cose per cui, quando percepisce e agisce tecnicamente, l'uomo non fa che cor-rispondere al modo con cui il mondo si manifesta quando è disposto dalla tecnica.

  Per questo diciamo che nella disposizione del mondo e non nella strumentalità va individuata l'essenza della tecnica. E questo significa che la tecnica, nella sua accezione moderna, non è più scienza applicata, ma orizzonte all'interno del quale anche la scienza pura trova la condizione e la destinazione del suo indagare. Solo se si comprende che la tecnica moderna, dopo aver sostituito alla signoria dell'uomo la propria signoria, s'è posta come condizione dell'interpretazione dell'uomo e del mondo, è possibile dire con Heidegger:

  La tecnica non è dunque soltanto un'attività dell'uomo, né un puro e semplice strumento all'interno di tale attività. La concezione puramente strumentale, puramente antropologica della tecnica diventa caduca per principio.

Esempi di domande per stimolare la discussione in classe

Che cosa significa la tesi "l'uomo ha sempre abitato l'interpretazione del mondo" ?

Quali conseguenze comporta questa tesi circa il problema della verità?

Come è cambiata l'interpretazione della natura dal mondo antico ad oggi?

Se la tecnica non è più un semplice strumento, che cosa rappresenta per l'uomo contemporaneo?

 

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