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Comunicazione Filosofica n. 12 giugno 2003
La morte come progetto: al cinema con Heidegger
Cronaca di un'esperienza didattica
di C. Boracchi
Se è vero che il cinema americano - anche nel genere commedia - ha sempre posto al centro della sua riflessione il tema della morte, dell'esistenza a termine, in modo diretto o latente, è però vero che sulla soglia del terzo millennio la finitudine dell'essere umano è divenuta rilevante ancor più che in Europa, dove la curvatura esistenziale è sempre stata una specificità delle diverse poetiche e sensibilità registiche[1].
Ora, questo aspetto è estremamente importante poiché oltre al fatto che la cultura giovanile segue maggiormente la produzione americana piuttosto di quella europea, spesso troppo 'raffinata' ma non spettacolare, e di quella italiana, fatto salvo un filone no propriamente 'colto', il cinema americano ha mostrato di dialogare con grane ricchezza interpretativa con il pensiero filosofico del novecento, e in particolare con quello heideggeriano.
Di esempi possiamo trovarne non solo di numerosi ma di eclatanti, come per il caso di eXistenZ di David Cronemberg[2] - rappresentazione di un'analitica esistenziale molto vicino ad Heidegger sulla questione dell'autenticità trasposta nella dialettica gioco-finzione virtuale/vita reale - o del più recente e di consumo, almeno per sguardi poco attenti, American Beauty di Chris Mendes[3] - anatomia dell'American dream sotto le non mentite spoglie dell'inautenticità esistenziale, dello spaesamento - o del generazionale Blair Bitch Project di Daniel Myrick e Eduardo Sanchez[4] - che già nel titolo rimanda all'Entwurt come carattere fondamentale del Dasein nel suo In der Welt sein -
Questi sfondi filosofici confluiscono totalmente anche in Al di là della vita di Martin Scorsese[5], opera che utilizza la metafora cristologica per fare del protagonista, il paramedico Frank, che, gettato nel mondo, si sforza di avere 'cura' delle alterità cercando di preservarne la vita e fallendo sul piano esistenziale fino a quando non sceglie d farsi progetto che contempla la morte come estrema possibilità che nega ogni altra possibilità. La sinopsi del plot narrativo si incentra su una sorta di triduo pasquale - da giovedì al sabato sera - di cui è attore Frank Pierce: egli lavora come paramedico all'Emergency Medical Service di New York[6] e fa parte delle squadre impegnate nel turno di notte. Siamo agli inizi degli anni Novanta, è giovedì e Frank esce accompagnato da Larry. Feriti, moribondi, drogati: è a questo triste spettacolo che ogni volta si trovano di fronte. Nei limiti del possibile, cercano di offrire le prime cure sul posto; poi il paziente viene portato in ospedale, dove lo scenario è ancora più inquietante. Frank è ossessionato dal ricordo di Rose, una ragazza che tempo prima aveva soccorso ma non era riuscito a salvare: vede il suo viso su quello di altre persone, e ogni notte per lui si apre con l'impegno di ridare speranza almeno a qualcuno dei 'poveri' con cui entra a contatto. Una notte Frank arriva in aiuto di un uomo molto malato di cuore, che salva e che viene tenuto in vita all'ospedale: avvicinata la figlia dell'uomo, Mary, nasce fra due una confidenza straordinaria. Nelle sere successive Frank, che ha anche tentato di licenziarsi ma senza successo, esce prima con Marcus, poi con Walls[7]. Frank continua a vedere il viso di Rose e la sua ansia si fa più pressante. Torna in ospedale, va nella stanza dell'uomo cardiopatico, si immagina di parlargli, poi stacca il tubo della respirazione artificiale e l'uomo muore. Subito dopo Frank va da Mary per darle la notizia. Entra in casa, insieme si siedono sul divano abbracciati, Mary si addormenta. Un raggio di luce li illumina, foriera, forse, di un'alba di resurrezione per un Frank che ha imparato ad aver cura autentica dell'altro persino accompagnandolo alla morte.
Il testo filmico si adatta bene a percorsi filosofici con ricaduta curricolare: nell'esperienza fatta, ad esempio, ha costituito un punto di arrivo che ha avuto come stimolo iniziale la riflessione epicurea e storica sulla morte: in entrambi i casi, infatti, tale riflessione è stata proposta come tendenza o a ridurre il significato esistenziale dell'uomo in quanto consapevolezza della propria progettualità - impedita dal 'caso'[8] - e della propria temporalità - la morte non gli appartiene [9]- o a fare dell'uomo una divinità ineffabile e non scalfibile dal dolore[10], necessario corollario dell'esistenza guidata dal Logos[11].
Queste riflessioni teoretiche sono state lo spunto, in una classe terza scientifico, per l'attivazione di un sentiero che, inerpicandosi attraverso Pascal sino ad Heidegger, non ha temuto di confrontarsi con fonti di diverso registro espressivo, fra le quali è sembrato particolarmente riuscito il binomio letteratura-ballata musicale, nella fattispecie la chiusa di Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati[12] e la ballata di J. Brel, Zangra[13]. La pellicola di Scorsese ha costituito la fase terminale dell'itinerario che, pensato nell'ottica delle comprensione dello sfondo filosofico del film in questione e del linguaggio in esso utilizzato, aveva come obiettivo la presentazione del confronto esistenziale con il pensiero della morte come fonte di autenticità esistenziale:
" Questa possibilità assolutamente propria e incondizionata è, nel contempo, l'estrema. Nella sua qualità di poter-essere, l'Esserci non può suoerare la possiblità della morte. La morte è la possibilità della pura e semplice impossibilità dellì'Esserci. Così la morte si rivela come la possibilità più propria, incondizionata e insuperabile. "[14]
Questo ha portato gli studenti ben oltre le facili rimozioni che soprattutto l'età adolescenziale, per sua natura ottativa ma non sempre lineare nella sua progettualità, porta ad operare, assecondando il clima dell'epoca e dei costumi di tendenza.
Il senso del film è stato cercato, oltre che nella filosofia heideggeriana, anche nelle personali ossessioni del regista, dalle quali conviene partire: fin dal primo Main streets al più noto Taxi driver, Scorsese rappresenta l'inferno metropolitano ambientandolo in un limbo notturno - After hours, con ironia - nella sua New York - New York New York, ma anche il primo episodio di New York Stories - senza mai rifuggire alla tematica religiosa della lotta fra bene e male - Cape fear, il promontorio della paura - o fra tentazione, peccato e salvezza - Kundun, L'ultima tentazione di Cristo - .
Queste cifre dominanti della sua poetica visiva si traspongono nell'analisi dell'esistenza come di una lunga notte alla ricerca di una luce aurorale che possa rischiarare, benché non illuminare, lo stato di spaesamento, di sradicamento, espresso nella dimensione dell'inautenticità[15]. Non è un caso del resto che il linguaggio filmico utilizzato tenda a divenire esso stesso contenuto narrativo e teorico in ancoraggio all'ansiosa rincorsa del protagonista: la dimensione circolare del tempo - tre giorni (o, meglio, tre notti), ognuno uguale all'altro - si sovrappone a quella lineare - l'ambulanza che sfreccia fra la strada e l'ospedale, quasi a contrapporre la cura autentica, che alberga nel tempo, alla ripetizione sterile e non progettuale[16]; le visioni sono sempre presentate in un incrocio multi-soggettive, interrompendo, il regista, la dialettica rituale fra campo e controcampo per sostituirla con la dissolvenza da tre angolazioni percettive diverse: questo comporta anche nello spettatore la sensazione di un'instabilità originata dal disturbo della percezione e dalla impossibilità di eligere una prospettiva di senso[17].
Tale modello esistenziale è ben visibile anche in Casino, dove il protagonista inscenava la tragica parabola di un'umanità che cerca di vincere la sua partita con l'esistenza[18] controllando in modo paranoico la propria ed altrui vita: così, anche il Frank protagonista di Bringing out the dead - Al di là della vita, in italiano, ma quanto più efficace l'americano "Portando via il morte"…!)), paramedico ossessionato dalla missione di salvezza che si è addossato, novello 'povero Cristo' metropolitano[19], vive la sua 'ultima tentazione' di inautenticità nel tentativo di eludere divinamente la fine del tempo. Questo lo porta però a perdere la propria umanità, cercando una divinità non perseguibile[20] e che lo conduce fuori controllo, rispetto alla propria vita, a sé, in una sfasatura esistenziale che lo smarrisce dentro la sua mente affollata di visioni e di sensi di colpa. Frank decide d'avere cura degli altri ma solo alla fine capisce che l'Entwurf , che comprende una 'Cura autentica', comporta in sé la morte come estrema e radicale preservazione della dignità dell'esistenza, oltre che della sua consapevolezza matura[21].
Evidente il richiamo alla tematica heideggeriana della morte come possibilità dell'Esserci:
" La morte è una possibilità di essere che l'Esserci stesso deve sempre assumersi da sé. Nella morte, l'Esserci sovrasta se stesso nel suo poter essere più proprio. In questa possibilità ne va per l'Esserci puramente e semplicemente del suo essere-nel-mondo-. La morte è per l'esserci la possibilità di non-poter-più-esserci"[22].
L'azzardo di Frank ora consiste nell'assunzione della fine[23] e nella compassione del dolore:
" La sua (Scil. della morte) possibilità esistenziale si fonda sul fatto che l'Esserci è in se stesso essenzialmente aperto e lo è nel modo dell'"avanti a sé". Questo momento della struttura della Cura ha la sua concrezione più originaria nell'essere-per-la-morte. L'essere-per-la-fine si rivela fenomenicamente come l'essere per la possibilità dell'Esserci più caratteristica e specifica".
Quando Frank incontra il dio dell'inferno[24] in una grotta abitata da due portoricani e in cui un'altra Maria sta partorendo due gemelli, pur essendo vergine, allora scopre l'altra faccia della speranza: il primo bimbo vive, ma il secondo gli muore fra le mani. Non gli resta che passare per la comprensione (la pietà) e per l'abbandono di ogni forma di pregiudizio, anche di quello assoluto della vita a tutti costi. Il secondo volto della pietà è infatti quello di un Frank che respira al posto del cardiopatico al suo ennesimo infarto mentre questi riesce dopo lunga sofferenza a terminare il proprio calvario: Frank vive al suo posto, morendo con lui e ridivenendo uomo, nascendo a vita autentica, oltre l'anonimato, oltre il Man sagt:
"Come possibilità insuperabile, la morte isola l'Esserci, ma solo per renderlo, in questa insuperabilità, consapevole del poter-essere degli altri che ci con-sono. Poiché l'anticipazione della possibilità insuperabile apre nel contempo alla comprensone delle possibilità situate al di qua di essa, essa porta con sé la possibilità dell'anticipazione esistentiva dell'Esserci totale, cioè la possibilità di esistere concretamente come poter-essere-totale."[25]
E' a questo punto che Frank può ascoltare la voce della coscienza, prendere atto della deiezione dell'esser gettato, superare la condizione di 'colpa' in forza di una scelta che apre alla possibilità della morte. La chiusa del film offre allora una ultima e decisiva pietà, nella quale Mary, con il volto di Rose, accoglie tra le sue braccia Frank, che è passato attraverso la morte e che, ora, si ferma, finalmente, nella contemplazione dell'esistenza, in attesa di un raggio di luce.
[1] Cfr. la riflessione di Marcello Walter Bruno su 'Segnocinema', 103/2000, pp.2-6
[2] Un gruppo di persone appassionate di giochi virtuali viene convocato per provare un nuovo gioco, "Existenz", basato su un miscuglio tra la più avanzata tecnologia dei microchip e la bioingegneria genetica. Allegra Geller, l'inventrice, illustra ai presenti il prototipo del giocattolo, il 'pod', ricoperto di un materiale simile a carne umana. Il pod si inserisce nel sistema nervoso del giocatore tramite un 'bioport' o connettore spinale. Il pod può accedere ai ricordi del giocatore, cosicché ogni partita procede in modo diverso a seconda della persona che sta giocando. A un certo punto un uomo, che si dichiara delle forze anti-eXistenZ, spara ad Allegra con una pistola fatta di carne e sangue e danneggia gravemente il game-pod. Nel caos che segue, Allegra viene salvata da Ted, un "addetto alla sicurezza". Per controllare lo stato del pod, Allegra convince Ted a collegarsi con un gamepod nel suo stesso corpo, in modo da partecipare al gioco insieme a lei. Dopo non poche difficoltà, Ted e Allegra riescono finalmente ad entrare nel gioco, dando inizio alla partita. I due si ritrovano in uno strano scenario, la Trout Farm, un ex vivaio trasformato in un fabbrica di giocattoli con catena di montaggio. In un intricato succedersi di atti di spionaggio e vendette, la situazione diventa difficile da gestire. Si torna allora al gruppo iniziale, ma il gioco di cui si parla adesso è Trascendenz, ideato dalla Pilgrimage. Allegra e Ted, al grido di "Morte a Trascendenz", uccidono l'ideatore e il suo assistente. Affrontano poi un altro, lo minacciano, e lui chiede: "Siamo ancora nel gioco?". Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 6 gennaio 2000.
[3] Lester Burnham ha passato il traguardo dei quarant'anni, quasi senza accorgersene: tutti i giorni va al lavoro al giornale, dove si occupa di pubblicità; la moglie Carolyn esce con lui e si dedica alla propria attività di agente immobiliare che vive come il primo passo verso una carriera fatta di grandi successi; la figlia Jane è nella delicata fase dell'adolescenza. Quando si ritrovano la sera nella spaziosa casa e intorno al grande tavolo, la conversazione risulta però oltremodo difficile: poche parole sono sufficienti a far scattare malumori e nervosismo. Succede che a Lester viene annunciato il licenziamento, lui dapprima cerca di opporsi, poi minaccia, ricatta e viene brutalmente allontanato. La crisi professionale si affianca a quella con la moglie: con Carolyn, arrivista senza scrupoli, la convivenza è ormai ridotta al minimo. Un giorno, dopo che marito e moglie hanno assistito insieme ad un saggio di danza, Lester conosce Angela, amica della figlia, e subito se ne invaghisce. Il continuo pensiero della ragazza gli fa intravedere un modo nuovo di guardare alla vita. Comincia a fare ginnastica e stringe amicizia con il giovane figlio dei vicini, Ricky, un ragazzo che usa in continuazione la videocamera. Per Ricky si tratta di una forma di ribellione verso un padre autoritario e ossessivo, colonnello dei marines in pensione. Angela si atteggia a ragazzina disinibita e non perde occasione per dare a Lester cenni di incoraggiamento. Intanto Carolyn, nella sua ansia carrieristica, corteggia Buddy Kane, importante uomo d'affari, e inizia una relazione con lui. Arriva il momento in cui Lester e Angela si trovano da soli in casa, e quando lui fa qualche approccio, lei tra le lacrime confessa di essere ancora vergine. Non succede quindi niente, ma Lester ha comunque ritrovato la voglia di parlare, di vedere, di stare in mezzo agli altri. Proprio in quel momento dalla casa vicina esce il colonnello, punta una pistola alla tempia di Lester e lo uccide: si era fatto l'idea che tra lui e il figlio ci fosse un rapporto omosessuale. Carolyn torna a casa e trova il marito sul pavimento. La voce di Lester fuori campo dice: "L'ultimo istante è lungo. Forse capirete cosa vuol dire".
[4] Il 21 ottobre 1994 Heather Donahue, Joshua Leonard e Michael Williams, tre studenti, si avventurano nei boschi di Black Hill Forrest, nel Maryland, per realizzare un documentario su Elly Kedward, accusata di stregoneria e cacciata dalla città di Blair alla fine del 1700. Da allora infatti una leggenda popolare racconta che nei boschi aleggia la presenza malefica della strega. I tre cominciano a seguire un percorso preciso che però poco dopo si confonde nell'intrico della boscaglia. In breve smarriscono la strada, cominciano a rinfacciarsi l'idea di aver voluto tentare quell'impresa, accusano il peso di difficoltà logistiche crescenti. Vedono sassi raggruppati a croce, sentono strani ululati, si perdono tra loro, si ritrovano, non sanno più da che parte dirigersi. Quando di nuovo arriva la notte, la ragazza rivolge lo sguardo atterrito verso la videocamera che riprende il tutto, chiede scusa ai genitori, poi scompare nel buio.
[5] Martin Scorsese, dopo aver considerato seriamente di farsi prete, abbandona il seminario e decide di dedicarsi al cinema. Laureato alla New York University, si specializza in cinematografia. Realizza una sessantina di film studenteschi prima di essere chiamato a dirigere Boxcar Bertha e successivamente Mean Street, pellicola che evidenzia le qualità di due straordinari attori: Harvey Keitel e Robert De Niro. Martin Scorsese ha realizzato film, anche su temi già raccontati da altri illustri colleghi, in modo assolutamente originale ed esauriente, grazie alla capacità di utilizzare la macchina da presa in tutte le sue risorse.
[6] La città diviene il luogo del dolore ma anche di un'emergenza esstenziale.
[7] Qui la tensione si fasempre più forte poiché Walls, in una sorta d delirio da giustiziere, adocchia Noel - Natale!! - un ragazzo forse pazzo, certo drogato, già più volte portato in ospedale e poi rilasciato, e decide di dargli una bella lezione. Frank acconsente ma poi ci ripensa, e il ragazzo riesce a salvarsi dall'imboscata di Wallis solo grazie al suo aiuto.
[8] Il tema del clinamen ha infatti in Epicuro una duplice valenza: da un lato è la negazione della causalità deterministica di matrice democritea ed apre così alla dimensione della libertà umana; dall'altro, però, introduce un elemento di casualità - Cfr. il famoso verso dantesco, erroneamente attribuito alla teoresi democritea, "il mondo a caso pone" , Dante Alighieri, Commedia, Inferno, canto - che getta l'esistente nel tempo senza alcuna possibilità davvero progettuale. In questo secondo senso, il caso costituisce un efficace motore di imperturbabilità (per il conseguimento della quale nasce, infatti, il Tetrafarmaco).
[9] "Abituti a pensare che la morte non è nulla per noi, perché ogni bene e ogni male risiede nella facoltà del sentire, di cui la morte è appunto privazione. Perciò la retta conoscenza che la morte non è niente per noi rende gioisa la stessa condizione mortale della nostra vita…Il più temibile dei mali, dunque, la morte non è nulla per ni, dal momento che , quando noi ci siamo, la morte non c'è, e quando essa sopravviene, noi non siamo più." Epicuro, Epistola a Meneceo, 124-125.
[10] L'apatia come autarchia: l'assenza di passioni contraddistingue il saggio stoico, che deve giungere a cancellare anche la più piccola traccia di esse, poiché anche nell'anima di un sapiente "quando una ferita è guarita rimane la cicatrice. Perciò egli, pur essendo privo di passioni, ne sentirà pur sempre tracce e ombre" Cfr. Seneca, De ira, I,16,8.
[11] "Tutto avviene per fato…anche per gli esseri umani: anche se non vogliono seguire, saranno puramente e semplicemente costretti ad andare verso ciò ch'è fissato dal destino". Ippolito, Confutazione, 21.
[12] Nella chiusa del romanzo, come è noto, il tenente Drogo, giunto sulla soglia dell'attesa occasione di eroismo per la quale ha atteso tutta la vita invano alla Fortezza Bastiani, ai confini del nulla o di un immaginario e invisibile nemico, è allontanato dal suo posto e dal suo ruolo militare proprio mentre la fortezza sta per essere attaccata. Il senso della sua vita viene però recuperato nella dignità con la quale affronta la morte, come nemico/amico estremo, senso ultimo della sua spasmodica lotta e attesa.
[13] La ballata di Jacques Brel, cantautore belga molto noto alle generazioni giovanili degli anni settanta, presenta un'incredbile affinità con il messaggio letterario di Buzzati. Riportiamo qui il testo, che ne è immediata ed evidente testimonianza: Je m'appelle Zangra et je suis Lieutenant/ au fort de Belonzio qui domine la plaine/ d'ou l'ennemi viendra qui me fera héros./ En attendant ce jour je mpennuie quelquefois/alors je vais au bourg voir les filles en tropeaux/ mais elles revent d'amour et moi de mes chevaux.
Je m'appelle Zangra et déjà Capitaine/ au fort de Belonzio qui domine la plaine/d'ou l'ennemi viendra qui me fera héros./ En attendant ce jour je mpennuie quelquefois/alors je vais au bourg voir la jeune Consuello/ mais elle parle d'amour et moi de mes chevaux
Je m'appelle Zangra maintenant Commandant/ au fort de Belonzio qui domine la plaine/d'ou l'ennemi viendra qui me fera héros./ En attendant ce jour je mpennuie quelquefois/alors je vais au bourg boire avec Don Pedro/ il boit à mes amours et moi à ses chevaux.
Je m'appelle Zangra je suis vieux Colonel/ au fort de Belonzio qui domine la plaine/d'ou l'ennemi viendra qui me fera héros./ En attendant ce jour je mpennuie quelquefois/alors je vais au bourg voir la veuve de Don Pedro/ je parle enfin d'amour mais elle de mes chevaux.
Je m'appelle Zangra hier trop veux Gènèral/j'ai quitté Belonzio qui domine la plaine/ et l'ennemi est la; Je ne serais pas héros.
[14] M. Heidegger, Essere e tempo, Longanesi, Milano 1976, II, I, 50, p.306.
[15] Ibidem, V,35,p.241: "L'Esserci non può mai sottrarsi a questo stato interpretativo quotidiano nel quale è cresciuto. In esso, da esso e contro di esso, ha luogo ogni comprensione genuine, ogni interpretazione, ogni comunicazione, ogni riscoprimento e ogni nuova appropriazione. Non è che l'Esserci, libero e affrancato da ogni influenza di questo stato interpretativo, abbia innanzi a sé la terra di nessuno del 'mondo', per stare a vedere ciò che n esso succede. Il predominio dello stato interpretativo pubblico ha già deciso delle stesse possibilità emotive, cioè del modo fondamentale in cui l'Esserci si lascia influenzare dal mondo. Il Si prescrive la situazione emotiva: esso stabilisce che cosa si 'vede' e come ci 'vedono' le cose".
[16] "Solo in quanto determinato dalla temporalità, l'Esserci rende possibile a se stesso quell'autentico poter-essere-un-tutto che risultò proprio della decisione anticipatrice. La temporalità si rivela come il senso della Cura autentica" M. Heidegger, Essere e tempo, ed. cit., II,III, 65, p329.
[17] Ibidem, pp. 225-228. "Il fenomeno della deiezione non ci fa conoscere una specie di faccia notturna dell'Esserci, ma una qualità ontica tale da costituire l'integrazione dell'aspetto abituale di questo ente. La deiezione rivela una struttura ontologica essenziale dell'Esserci stesso, struttura che ne costituisce così poco lìaspetto notturno da riempire, nella quotidianità, tutti i suoi giorni."
[18] Piuttosto scontato il rimando alla dimensione del parier pascaliano, ma volutamente stravolto dal regista rispetto al suo senso originario, originandone uno 'inautentico' ma frequentemente osservabile nell'assunzione della vita come sfida, gioco da vincere per dominarne il nonsense.
[19] Rimando evidente al Travis di Taxi driver, pur con una connotazione di vendetta e di follia che non appartiene a Frank. Inoltre, in questo caso manca la possibilità del paradiso: l'inferno s mostra in tutta la sua orripilante crudezza, io disastro è già avvenuto e Rose, la prostituta che - al contrario di Iris, prostituta salvata in Taxi Driver - muore fra le braccia impotenti di Frank, torna proprio a testimoniare gli abissi.
[20] La vita da salvare a tutti i costi per Frank è sentirsi all'altezza di Dio: "Dio ti ha attraversato. Tu sei stato come Dio"
[21] Dice Frank: "E' finito il tempo in cui le me mani si muovevano con una bravura e una velocità più grandi di me..ora è il tempo di inadeguatezze e corpi estranei"… proprio come recita Van Morrison.
[22] M. Heidegger, op. cit., II,I,50, p.305.
[23] Ibidem, p.306.
[24] Fabrzio Tassi, Via Crucis della pietà nell'inferno di New York, 'Cineforum', 391/2000, p. 23
[25] M. Heidegger, op. cit., p.321