Torna al sommario di Comunicazione Filosofica Comunicazione Filosofica n. 7 - luglio 2000 Anna M. Bianchi La questione della “possibilità” La riflessione proposta nel contributo La filosofia come anima vivente della cultura di Fabio Minazzi - come l’articolo L’insegnamento della filosofia quale diritto di cittadinanza per la scuola italiana del nuovo millennio, già pubblicato sullo scorso numero di “Comunicazione filosofica” - si sviluppa in rapporto ai risultati del lavoro della “Commissione di studio per l’insegnamento della filosofia”, istituita dal Ministero della Pubblica Istruzione (D.M 25.5.1999), risultati sintetizzati nel Documento: L’insegnamento della filosofia nella scuola del 2000. L’esito delle considerazioni avanzate da Fabio Minazzi nel primo articolo mi pare pienamente condivisibile: “l’insegnamento della filosofia va […] offerto a tutti i giovani”, considerato il contributo di questa disciplina alla “formazione di cittadini liberi ed autonomi”. Tale esito conferma il riconoscimento del valore formativo della filosofia già contenuto nei Piani di studio della secondaria superiore elaborati dalla Commissione “Brocca”: anche in questo progetto, infatti, il disegno “di introdurre in tutti i piani di studio un insegnamento di Filosofia” era motivato con l’“opportunità di non far mancare a tutti gli studenti un supporto fondamentale alla riflessione critica” (1). Una novità - e una fonte di perplessità - è, invece, la proposta, presentata nel secondo articolo, di anticipare l’insegnamento della filosofia agli studenti degli ultimi anni della scuola dell’obbligo, cioè alle classi corrispondenti, secondo il riordino dei cicli, alle attuali terza media e prima superiore. Di fronte a tale proposta ritengo essenziale risolvere la questione sollevata dallo stesso Fabio Minazzi all’inizio del suo contributo: “La filosofia può essere insegnata a tutti i cittadini? Naturalmente questa domanda preliminare si pone inevitabilmente se si ipotizza di inserire l’insegnamento della filosofia nell’ambito della scuola dell’obbligo”. Tale questione, a mio parere, va posta in termini didattici. Occorre, cioè, domandarsi: considerati i processi di pensiero richiesti per l’apprendimento della filosofia e considerato il parziale sviluppo, all’età di tredici e quattordici anni, di capacità quali: formulare ipotesi e dedurre, assumere il punto di vista degli altri, riflettere sulla propria esperienza scindendo le dimensioni emotiva e razionale, vi sono le condizioni di possibilità per lo studio della filosofia nella fase conclusiva dell’obbligo scolastico? Nell’articolo La filosofia come anima vivente della cultura l’interrogativo sulla “possibilità” non viene sviluppato in tal senso; infatti, nelle conclusioni, la “possibilità” di anticipare l’insegnamento filosofico è intesa come “opportunità”, come occasione, da sfruttare per un arricchimento della formazione scolastica. A mio parere, invece, il problema della valutazione dell’esistenza delle condizioni per l’apprendimento della filosofia all’età di tredici e quattordici anni deve essere affrontato con assoluta priorità. Infatti, decidere l’anticipazione dell’insegnamento filosofico agli ultimi anni dell’obbligo scolastico, senza un adeguato approfondimento teorico e senza la sperimentazione di precise proposte didattiche, comporta un rischio: il rischio di un impoverimento del contributo della disciplina alla formazione dei giovani, come conseguenza di un’errata considerazione del livello di maturità cognitiva degli studenti o come conseguenza di un abbandono della specificità della filosofia, nel tentativo di “adeguarla” alle capacità degli allievi. Tale rischio appare ancor più evidente se si presta attenzione alla questione degli “spazi” riservati all’insegnamento della filosofia nella scuola secondaria riformata. Con l’abbreviazione della carriera scolastica degli alunni italiani dai diciannove ai diciotto anni e con la possibile riduzione dei quadri orari settimanali di diversi indirizzi delle scuole superiori, è difficile ipotizzare un’ampia disponibilità di tempi riservati all’insegnamento filosofico, soprattutto nelle aree dell’istruzione tecnica e professionale. Si potrebbe, quindi, verificare che all’inserimento della filosofia nel biennio - o nell’anno - terminale dell’obbligo corrisponda la rinuncia alla sua estensione a tutti gli indirizzi del triennio della formazione secondaria, cioè proprio agli alunni in possesso delle capacità logiche necessarie per l’apprendimento della disciplina. E questo in contrasto con il parere formulato nel primo “Documento di sintesi” della cosiddetta Commissione dei “Saggi”, sempre istituita dal Ministero della Pubblica Istruzione: “Quanto all’insegnamento della filosofia - positiva specificità della scuola italiana - non ha giustificazione la proposta di estenderlo, nella sua forma attuale di ricostruzione storica, alle scuole non liceali. Bisogna pensare a qualcosa che sia valido per tutti (ma non prima dei 15-16 anni), quindi anche (e sono la maggioranza) per i giovani degli attuali istituti tecnici e professionali”. Note (1) Piani di studio della scuola secondaria superiore e programmi dei trienni, in: Studi e documenti degli Annali della Pubblica Istruzione, 59/60, Le Monnier, Firenze, 1992, Tomo I, p. 21. (2) Sintesi dei lavori della Commissione tecnico-scientifica incaricata dal Ministro della Pubblica Istruzione di individuare “le conoscenze fondamentali su cui si baserà l’apprendimento dei giovani nella scuola italiana nei prossimi decenni”, a cura di Roberto Maragliano (13 maggio 1997), par. 3.7, in: Biblioteca di Documentazione Pedagogica (http://www.bdp.it), Ministero della Pubblica Istruzione - Ufficio Legislativo. |