Torna al sommario di Comunicazione Filosofica Comunicazione Filosofica n. 5 - maggio 1999 I contenuti essenziali per la formazione di base: un intervento
Quello che Anna M. Bianchi ha proposto nellultimo numero di Comunicazione filosofica non è semplicemente, come ha voluto modestamente far credere, un contributo alla riflessione, ma è anche molto di più, almeno nella misura in cui, attraverso un ampio esame del documento degli esperti (marzo 1998), impone alcuni interrogativi di fondo che investono il dibattito sul nostro futuro modello educativo. È facile leggere tra le righe del suo articolo una preoccupazione di carattere formativo generale rispetto al quadro prospettato dai lavori della Commissione dei saggi (maggio 1997) e dalla sintesi del 1998, che emerge soprattutto laddove lanalisi si addentra nei risvolti propriamente culturali, in pratica sul terreno in cui, alla pratica didattica, si rivelano le velleità o debolezze del disegno programmatico. Segnalerei particolarmente la sezione sulla definizione dei saperi tra contemporaneità e tradizione storica, perché credo metta inesorabilmente a nudo un nodo culturale e formativo assolutamente decisivo: la progressiva perdita di senso storico tra le ultime generazioni di studenti, lassenza spesso di un impianto diacronico di riferimento, che le programmazioni curricolari talvolta finiscono indirettamente per accentuare, con eccessivi schiacciamenti di prospettiva su una stagione o sullaltra, magari sulla stessa contemporaneità (nel caso della Storia). Leffetto è uno strano strabismo, per cui alla fine non solo è sfumato il contorno del passato, ma rimane sfocato anche il presente. Il documento e la sintesi in effetti presentano globalmente elementi di equilibrio per la progettazione di nuovi curricoli e di nuovi corsi di studio: tuttavia, forse per accentuare gli aspetti di rottura o quanto meno di innovazione, sorvolano sui rischi di un sistema educativo sintonizzato su piuttosto vaghe attese delle componenti della società. Farei in tal senso due esempi concreti. Al punto 1. dei contenuti irrinunciabili viene marcata lesigenza di assicurare la capacità di proiettarsi nello spazio sempre più esteso della comunicazione e dellinterscambio: di là dalle (banali) considerazioni sullimportanza della conoscenza delle lingue straniere, il rilievo ha un peso se valutiamo i risultati di questo processo di apertura, già in atto a tutti i livelli della nostra società. Che la scuola nellimmediato futuro si debba far carico di tale esigenza non è certamente in discussione. Da meditare sono invece le modalità del relativo soddisfacimento: se molto si giocherà sul terreno di una comunicazione globale, deve essere chiaro allora che alle inesauribili potenzialità di informazione e interscambio che specialmente gli strumenti informatici oggi garantiscono e alla connessa dispersione dei singoli elementi informativi nella immensa estensione di nodi comunicativi è necessario che il sistema scolastico assicuri, nei suoi diversi livelli, non solo, genericamente, le capacità di orientamento, ma soprattutto capacità di concentrazione sintetica, di ricostruzione organica. Questo non perché si culli lillusione di una possibile unità enciclopedica, ma perché almeno essa venga ricercata in ambiti ridotti, dove si applichi lo studio e lindagine didattica. Mi pare che le sottolineature di Anna Bianchi in merito alla funzione dellimpianto storico nellinsegnamento della varie discipline vadano in questa direzione di compensazione della talvolta estrema analiticità dei curricoli (più leggeri, ma anche più articolati, più numerosi, complessivamente più dispersivi). Strettamente connesso a questo primo aspetto è il secondo che vorrei brevemente toccare. Al famigerato punto 5. (quello, per intenderci, della positiva specificità!) si parla del ruolo formativo della filosofia in termini di ragionevole costruzione di una soggettività propositiva e critica. Apparentemente, quindi, il documento sembra riflettere la preoccupazione di cui sopra. Tuttavia, pur nella sua schematicità e brevità, esso fa intravedere nuovamente il rischio della dispersione, questa volta nella rete di interrogativi di senso, valore e verità. Difficile ipotizzare un approccio che prescinda dalla prospettiva storica senza trasformarsi in una sorta di catechesi laica, di lezione di educazione civica, magari più problematica, come accade in altri paesi europei. Condivido dunque lidea di Anna Bianchi di mantenere il punto di vista storico anche per lo studio del pensiero filosofico negli ultimi anni della futura scuola dellobbligo.
Dario Zucchello |