Torna al sommario di Comunicazione Filosofica Comunicazione Filosofica n. 5 - maggio 1999
Anna M. Bianchi PER UNINTRODUZIONE
La proposta di un contributo sullesperienza francese dei "caffè filosofici" - Le café philosophique: un dèfi pour la pensée? di Michel Tozzi - si inquadra nel progetto di avviare, attraverso le pagine della Rivista, una riflessione sulle forme della comunicazione filosofica. La scelta di dare la precedenza a uniniziativa come i "caffè filosofici" rivela anche lintenzione di invitare i lettori a interrogarsi sul ruolo della filosofia nel quadro dellattuale contesto culturale. Lesperienza dei "caffè" si presenta, infatti, come un esempio interessante: è lesempio di uno dei possibili spazi nei quali i "filosofi" sono sollecitati a rispondere allaccresciuta "domanda di filosofia" - vera o presunta, e comunque da valutare - utilizzando nuovi canali e nuove forme di comunicazione. Già nel titolo del volume Socrate al caffè (Un café pour Socrate) - volume che ha contribuito a diffondere la conoscenza dei "caffè filosofici" in Italia - Marc Sautet anticipa limmagine del filosofo, e della filosofia, implicita nella creazione dei "caffè": "Ebbene, diciamolo! La vocazione del filosofo non è di tacere. Non è ripiegandosi su se stesso che sostiene il suo ruolo, ma andando per la strada, in città, mescolandosi alla vita della gente, passeggiando nella piazza del mercato, tra la folla di venditori e imbonitori. Interrogando gli uni e gli altri. Discutendo. Non perché sa, perché dispone di un sapere superiore, ma perché invidia coloro che sanno o pretendono di sapere. Vuole sapere, ma non vuole essere ingannato. E, se ha una cosa da insegnare, è questa. Ha bisogno di applicazione, di metodo, attenzione, concentrazione, calma, ma anche del contrario: il confronto con la realtà, il rapporto con la gente, la sfida a coloro che abusano degli altri. La meditazione e la lotta. Il silenzio e il brusio. La solitudine e lagorà". Linteresse dellesperienza dei "caffè filosofici" è, però, anche didattico, come emerge dalle considerazioni dello stesso Michel Tozzi. Infatti - pur tenendo ben distinti i contesti dellistruzione scolastica e dellincontro informale tra adulti, nonché le altre forme di insegnamento e divulgazione della filosofia - si può facilmente rilevare che, in classe così come nei dibattiti ai "caffè", si pone il problema di individuare modalità di mediazione del sapere filosofico capaci, da un lato, di salvaguardare il rigore e la specificità della disciplina e, dallaltro, di farne cogliere il valore culturale e formativo e, quindi, lattualità. Non solo: sia il docente in classe sia lanimatore in un "caffè" mirano a realizzare - insieme con alunni o partecipanti - unesperienza di riflessione filosofica, attraverso almeno una modalità comune di lavoro: la discussione guidata. In entrambi i casi - come nota Michel Tozzi - si pone la questione di definire le condizioni di filosoficità (conditions de philosophicité) dellattività proposta: infatti, perché la discussione condotta dalla "comunità di ricerca" (communauté de recherce) sia filosofica, non è certo sufficiente il rispetto delle procedure del dibattito democratico. Per questo, proprio con lintento di definire unesperienza di riflessione filosofica, Michel Tozzi richiama lattenzione sulla necessità di un atteggiamento di apertura alla ricerca della verità e sulla scelta metodologica di sottomettersi allesercizio della ragione, aspetti ai quali collega lattivazione dei processi di concettualizzazione, problematizzazione, argomentazione, tipici di unindagine di natura filosofica. Sicuramente, sia per il docente, impegnato nellinsegnamento scolastico della filosofia, sia per lanimatore, impegnato in un "caffè filosofico", promuovere la capacità di dialogo, la maturazione dei processi cognitivi, lorientamento alla ricerca della verità significa contribuire efficacemente alla formazione individuale dei soggetti coinvolti. Tuttavia, anche in presenza di questi risultati - indubbiamente auspicabili, ma conseguibili non solo attraverso lo studio della filosofia - riemerge linterrogativo sulla specificità dellapprendimento della disciplina e, quindi, sul significato di una sua presenza nei curricoli scolastici e nella formazione culturale di una persona. La filosofia - come afferma Marc Sautet - "non è una "materia" da insegnare né un campo da coltivare, ma è uno stato danimo, un modo di usare lintelletto"? Quindi, è questo che va sviluppato? Oppure costituiscono elementi necessari per unadeguata formazione filosofica: lacquisizione dei concetti come "strumenti" essenziali per pensare la realtà e ordinare le nozioni; la definizione dei problemi, in rapporto ai contesti storici e alle tradizioni di pensiero; il confronto con le risposte degli autori? In questa seconda prospettiva acquista un significato più chiaro e più forte, nellesperienza dei "caffè", il momento della "riformulazione delle idee": tale momento - riconosciuto da Michel Tozzi nella sua importanza decisiva - scandisce in fasi il dibattito e lo orienta, elaborandone il senso filosofico. Per questo, sempre ponendosi nella seconda prospettiva, si deve sottolineare la necessità di unulteriore condizione di garanzia della filosoficità di una discussione al "caffè": ladeguata preparazione filosofica degli animatori, esigenza per la verità ricordata solo in nota nellarticolo presentato. |