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Comunicazione Filosofica n. 13 aprile 2004
di Sabino Lafasciano
La riflessione che presentiamo rappresenta un bilancio in itinere del corso di scrittura filosofica che si sta tenendo presso il Liceo Classico “Q. O. Flacco” di Bari, indirizzato agli alunni del triennio.Il corso, di carattere extra-curricolare,potrebbe, anzi dovrebbe, più correttamente,rientrare
nella normale programmazione curricolare, essendo diluito in tre anni ed adattato alle singole classi cui sarebbe destinato ; si è voluto, per l’anno scolastico in corso, provare a costituire
un modello, concentrando l’attenzione su quella che possiamo definire la struttura generale del progetto, le sue finalità, le sue articolazioni ed implicazioni più generali, nella prospettiva della
ricercazione .
L’occasione del corso dimora nella decisione di far partecipare alle Olimpiadi di filosofia un gruppo di studenti non solo personalmente motivati, ma consapevoli della specificità della scrittura
filosofica, dei topoi e delle strutture argomentative dei testi filosofici,nonché della definizione quanto mai problematica dei generi di questo tipo di scrittura.
E’ su quest’ultimo punto in particolare che vogliamo svolgere le nostre considerazioni, dopo
aver riferito della struttura generale del corso, che consta di tre moduli,perché si è appena concluso
il primo modulo,quello,appunto, dedicato ai generi della scrittura filosofica.Ci riserviamo, per una valutazione complessiva , di esprimere un bilancio complessivo più articolato al termine del lavoro.
Descrizione sintetica del corso
I modulo. Le tipologie della comunicazione filosofica.
Il dialogo
L’aforisma ed il poema oracolare
Il trattato
La meditazione e la scrittura autobiografica
Dossografia e storiografia filosofica
Gli incontri, nel numero di dieci, due ore per ciascuna delle tipologie sopra riportate, sono delle esercitazioni di lettura ed interpretazione di materiale vario, appartenente o no alla letteratura filosofica,diacronicamente e sincronicamente distante, per far riconoscere la tipologia testuale presentata, attraverso l’analisi della struttura argomentativa dei testi .
II modulo. Prove tecniche di trasmissione.
prove di problematizzazione di un testo e/o di una situazione, di un racconto.
retorica minima del discorso filosofico ( sillogismo, dimostrazione, analogia, metafora )
analisi/confronto di posizioni opposte su identici problemi .
come si commenta la posizione di un autore ( commentaire composé )
come si scrive un saggio/dissertazione ( dissertation )
Questo secondo modulo organizza, evidentemente, delle attività di laboratorio : al docente che presenta, usandole, le figure retoriche del discorso filosofico, confronta e commenta le posizioni di più autori relativi al tema prescelto, articola i paragrafi-modello in cui è suddivisa una dissertazione, insegna infine a scrivere correttamente una nota a pie’ di pagina e/o a costruire correttamente una bibliografia, corrispondono le attività di scrittura dei discenti, al fine di “metabolizzare” metodi e competenze proposti.
III modulo. Visto, si stampi.In lingua inglese.
Il modulo, che si compone , anche in questo caso, di cinque incontri duplicabili, serve a confermare le competenze acquisite attraverso la pratica della scrittura utilizzando L2, nel nostro caso l’inglese. Riteniamo particolarmente importante questo modulo che, nel corso della presentazione informale del progetto agli studenti ed ai colleghi, quelli di filosofia e quelli di lingua straniera, ha incontrato le maggiori perplessità ed obiezioni.Le ragioni sono chiare, ed attengono al gap tradizionale ad utilizzare l’inglese in particolare come lingua veicolare da parte di un popolo, il nostro, oltre che da parte di una popolazione scolastica di docenti e discenti.
La ragione fondamentale che intendiamo addurre in favore di questa attività di laboratorio è che il dover scrivere in una lingua straniera fissa in qualche modo le competenze,arricchisce il lessico e fa guadagnare pregnanza ai testi prodotti .
Di più : per un verso la parola filosofica non può che giovarsi di questo ulteriore distanziamento che produce il dover ricercare il termine, la costruzione sintattica, l’articolazione del discorso in una lingua straniera, per l’altro, sul versante della didattica di L2, la conoscenza del lessico disciplinare settoriale rafforza quanto meno la motivazione funzionale all’apprendimento linguistico e fornisce modelli non solo letterari di scrittura e di produzione testuale .
Alcune notazioni metodologiche.
Nella collazione dei testi scelti per presentare le più ricorrenti tipologie della scrittura filosofica , si è prestata particolare attenzione a non far precedere la topica alla critica, come ci ammonisce G.B.Vico nella sua orazione inaugurale De antiquissima Italorum sapientiae ratione.
Si è cercato anzi, al costo consapevole di una certa vaghezza ed indeterminazione nella presentazione del genere - il dialogo, per esempio, - di proporre, accanto a passi della tradizione filosofica vera e propria, testi di cui si è valutata la rilevanza filosofica, pur appartenenti ad altri ambiti ; per la prima lezione sono stati utilizzati, oltre ai passi celebri, più volte antologizzati, tratti dal Fedro, dal Sofista e dal Filebo,dai quali si desume l’organizzazione brachilogica del dialogo ed il ruolo della dialettica socratica, anche il Dialogo di Malambruno e di Farfarello, tratto dalle Operette morali di Leopardi e le ultimissime battute dell’ Enrico IV di Pirandello, nonché il paragrafo III.4. del I capitolo del libro di Semerari , Filosofia e potere .
Ci era nota l’avvertenza, valida comunque per ciascun autore, non necessariamente filosofo, che chiunque si dedichi alla scrittura filosofica, riscriva un genere, oltre che, e più, scrivere secondo un genere. Che la nozione, appunto, di genere, è quanto mai problematica già in ambito letterario. I filosofi, poi, abituati da Platone ed Aristotele a mutuare forme testuali vuoi dal teatro, vuoi dalla trattatistica scientifica dell’epoca, a modificarle ed a costruire una nuova variante di comunicazione interumana, generalmente a più alto tasso di significatività, sono alieni dal credere, a ragione, all’esistenza di una forma che non sia indissolubilmente legata a quella, particolare, filosofia. Per cui si può dire che ciascun filosofo costruisce la propria scrittura in modo unico ed inimitabile.
Certo, voi che mi leggete, come me che sono seduto al computer, siamo simili, apparteniamo allo stesso genere di persone che dipendono dalla videoscrittura ; quando sapevo usare il computer ancor meno di ora, per una sorta di esigenza di controllare quanto scrivevo, arrivato alla fine del rigo, premevo io stesso il tasto invio, per poi riparare maldestramente gli effetti di quello che avevo fantasiosamente battezzato il virus della coazione alla maiuscola. Poi sono diventato più bravo : ora riesco a scrivere anche una manciata di righe prima che il mio sguardo si posi sulla pagina, perdonnez, sul video . Non solo sono lontano dalla voce dell’interlocutore, non la vedo ; sono altresì distante anni luce dal controllo heideggeriano della manoscrittura .
E, ciononostante, quanto sopravanza e precede la scrittura, il suo quid, organizza quanto vuole comunicare secondo strategie testuali in cui diversamente s’intreccia l’ordito del genere con la trama del testo.
Diventa quindi non solo possibile, ma anche necessario, presentare il genere come struttura aperta, di riferimento,mirante ad alcune finalità molto generali, condivise, funzionante in un certo modo secondo i meccanismi cogenti di quel tipo di scrittura – l’uso del discorso diretto, la struttura recitativa teatrale che predispone alla lettura ad alta voce ed all’ascolto, l’interrogazione ed il contraddittorio per quanto riguarda il dialogo, per esempio - , “forgiata” per sostenere quella specifica comunicazione filosofica.
L’uso di testi provenienti da tradizioni diverse nel tempo e nello spazio, appartenenti ad ambiti culturali la cui prossimità si è appena iniziato ad indagare , oppure opposti per stile e finalità – come si è fatto nella lezione dedicata alla scrittura autobiografica ed alla meditazione, contrapponendo il
moi cartesiano della prima parte del Discours de la methode alla terza persona dell’Autobiografia del Signor G. B. Vico, scritta da lui medesimo -, o anche direttamente richiamantisi l’un l’altro – come si è fatto sempre nella stessa lezione, confrontando lo stile di Descartes e quello di Husserl, desunti rispettivamente da una pagina delle Meditationes de prima philosophia e dall’Introduzione delle Meditazioni cartesiane, in cui Husserl quantifica il debito nei confronti del filosofo francese - ; tale schema ampio fornisce i terminus a quo … ad quem dell’applicabilità di questa nozione debole di genere, ma anche i termini di inapplicabilità del genere, laddove la forma consegnata dalla tradizione viene utilizzata, dal filosofo, in modo completamente altro, ribadendo il giudizio negativo di Tamus su quanti vogliono cancellare le antiche voci degli dei.
I generi della scrittura filosofica : approccio globale vs ricerca degli universali stilistici.
Nel proprio studio sulla scrittura filosofica, Frédéric Cossutta afferma :
Tutte le grandi filosofie hanno costruito un’appropriata scenografia nella quale l’espressione della dottrina e le norme della comunicazione cui è necessario sottomettersi sono strettamente legate agli schemi filosofici che ne costituiscono la particolarità. Il dialogo platonico, l’ipotiposi scettica, la meditazione cartesiana, la spiegazione more geometrico in Spinoza, l’indagine in Hume, l’aforisma nietzschiano sono tutte forme espressive direttamente legate alle forme del contenuto dottrinale. Il compito fondamentale dell’analisi del discorso filosofico non si limita a voler capire con quali mezzi una dottrina opera una tale integrazione in una forma canonica di esposizione (a valutarne il grado di compattezza, a riconoscere ugualmente la presenza di elementi eterogenei); consiste anche nel mostrare come essa si apra verso una serie di riformulazioni che integrano le evoluzioni dottrinali e tengono conto delle circostanze e del pubblico al quale l’opera è destinata. [1]
Siamo completamente d’accordo con l’avvertenza di sopra riportata, che ripropone la segnalazione vichiana di non far precedere mai, nell’attività di insegnamento, la topica alla critica e ribadisce quanto si è pure sostenuto, che cioè ogni autore riscrive il genere che gli viene consegnato dalla tradizione piegandolo al contenuto del proprio pensiero.
Ciò che non ci convince è la teoria generale della discorsività filosofica che ne emerge, fondata sull’isolamento e sull’analisi di alcuni indicatori generali, quelli che abbiamo definito gli universali stilistici, che si andrebbero a relazionare differentemente a seconda della scena filosofica che di volta in volta si verrebbe a costituire .
L’analisi che segue, con l’obiettivo di un livello di formalizzazione appropriata, che tenga conto cioè della scena filosofica, dei modi di esposizione, delle regole di taglio e di concatenamento delle sequenze argomentative, del ruolo e della funzione delle immagini o delle metafore, dovrebbe legittimare il momento interpretativo :
- a livello micro-contestuale del frammento o della lettura dettagliata e continua di un’opera;
- a livello macro-contestuale, che permette di mettere in evidenza fenomeni di sequenzialità o di individuazione
che possono diventare leggibili unicamente a questo livello (così, sottolineare le metafore del femminile nelle
opere di Kierkegaard la dice lunga sul rapporto che la sua scrittura filosofica stabilisce tra biografia e filosofia)[2]
Il rischio che corre tale tipo di analisi è doppio : per un verso di rientrare nell’apologo dei cartografi dell’imperatore di quel bel racconto di Borges, che finirono con il costruire una mappa dell’Impero su scala 1:1, per rendere adeguatamente conto degli elementi testuali, extra-testuali e specifici disciplinari, tematici e/o legati a quell’autore ; per l’altro di tendere troppo il livello “macro-contestuale”, tanto da poter spiegare il complesso rapporto tra biografia e scrittura filosofica alla luce delle metafore del femminile in Kierkegaard al di fuori di un seminario sull’autore citato.
E’ vero d’altronde, come testimonia il paziente lavoro di catalogazione svolto da Arthur Danto, che, a fronte della sterminata produzione, saccheggio e riscrittura di tutti i generi testuali della scrittura, letteraria, scientifica ed artistica da parte della filosofia, sembra più opportuno ricorrere all’analisi delle diverse strutture argomentative attraverso una serie di operazioni di riconoscimento e di riproduzione, a partire dai testi.
Tali operazioni testuali, come testimonia una consolidata prassi didattica, sono sempre, evidentemente, utili ed opportune ; ma il loro valore euristico, e non è poco, si limita a dar conto della strategia argomentativa approntata per quella dimostrazione, alla verifica del relativo peso della persuasività del testo, rispetto all’argomentatività, alla presenza ed al ruolo delle metafore nella costituzione dello spessore di significatività e di senso del testo. Dimora distante la definizione,pure approssimativa, della nozione di genere, che deriva da una teoria dei generi, che deriva, a sua volta, da elementi extra-genere, da un’analisi storico-critica, o, infine,da una teoria linguistica generale.
Ci sembra allora che, dietro studi laboriosissimi come quello citato, di Cossutta, rispunti il rischio
di un’impostazione inevitabilmente legata all’insegnamento della filosofia in senso antistoricistico e tematico, che privilegia sì il testo, ma non riesce a rendere ragione di quella trama extra ed inter-testuale, ed interculturale, che sole possono spiegare un testo.
Quella dei generi letterari ci sembra invece, pur nella debolezza del suo impianto teoretico, una pista quanto mai fertile dal punto di vista euristico, feconda soprattutto in senso multidisciplinare, per il confronto che permette tra dialogo e teatro, tra apoditticità filosofica e dimostratività dei trattati scientifici, o anche tra la lettura letteraria della lingua di Machiavelli e decodificazione storico-filosofica della funzionalità e dello statuto nuovo del volgare delle cancellerie e della diplomazia cinquecentesca.
Ci convince piuttosto quanto afferma Domenico Massaro nel suo testo Metodologia e didattica del testo filosofico :
[…] non si apprendono le discipline di studio, ma si apprende attraverso le discipline. In tale ottica, il genere letterario di un testo si rivela come il medium privilegiato per la comprensione testuale . Dal momento che il testo non è mai isolato, ma appartiene ad una tradizione, la riflessione sui generi consente di :
- comprendere meglio il testo;
- cogliere lo sguardo della tradizione rispetto ai problemi ricorrenti della filosofia ;
- educare alla scrittura e all’argomentazione, nel rispetto delle regole del genere.
Il genere come medium, dunque, ha una doppia valenza :
- è un campo teorico e conoscitivo ( ci presenta dei contenuti ) ;
- è un contesto operativo dotato di specifiche regole per la costruzione del discorso .[3]
Si comprende dunque meglio il testo proprio perché lo si legge all’interno del rapporto che esso intrattiene con la tradizione, riempiendo baconianamente delle tabulae presentiae e delle tabulae
absentiae in proximo , relativamente agli elementi di confronto, di continuità e di innovazione rispetto all’uso tradizionale di quella tipologia di scrittura.
Ma soprattutto, ed è quanto principalmente ci interessa,il rispetto delle regole del genere può educare ad un metodo di scrittura e di argomentazione. Si hanno sotto gli occhi i problemi fondamentali dei nostri alunni, relativi all’esposizione scritta, che neanche gli sforzi degli ultimi anni sono riusciti a risolvere : l’analisi sommaria, la capacità argomentativa carente, la coerenza testuale fragile, la contestualizzazione storico-culturale misera, l’aderenza stilistico-formale al contenuto del discorso e l’uso di un registro linguistico adeguato inesistenti.
Scrivere alla maniera di costringe alla consapevolezza dello stile, alla precisione dei contenuti,all’utilizzo di quelle regole specifiche, a partire dalla riconoscibilità della tesi proposta, alla confutazione rigorosa della tesi opposta, all’adozione del registro stilistico dell’autore “contaminato”, all’intervento aggiuntivo e/o sostitutivo dell’argomentazione dell’autore, alla sostituzione della metafora utilizzata dal modello, alla costruzione della confutazione della tesi dell’autore di riferimento, alla riproposizione dei temi fondanti il testo preso in esame secondo un genere testuale diverso. Possiamo contare, a fronte di una manifesta incapacità generale di produrre un saggio che vada oltre la semplice parafrasi dei testi proposti, su di una inveterata abitudine liceale e goliardica alla scrittura parodistica, all’utilizzo di modelli letterari di cui si fa allegramente scempio, ad un’abitudine all’intertestualità ed all’ipertestualità, all’intervento attivo sui testi, cioè,da parte dei nostri alunni, molto più presente di quanto si possa immaginare.
Si tratta qui di utilizzare pienamente quella felice intuizione che Mario De Pasquale chiama il confilosofare : il trattamento dei testi, la presa di possesso del registro stilistico di quell’autore e/o di quel genere testuale, la comprensione ed il contemporaneo riutilizzo della sintassi di un testo, influiscono positivamente sull’autonoma produzione di una tassonomia di testi :
a. il confronto di due tesi opposte su di uno stesso argomento e/o di due ricostruzioni storiografiche diverse su di uno stesso autore o tema filosofico ;
b. il commento ragionato della tesi di un autore, che richiede ovviamente,che l’alunno sia stato abituato, in precedenza, alla divisione in sequenze di un testo, a ricercare la parola-chiave, a titolarlo ecc.;
c. il gioco linguistico, ma anche tematico, di “trattamento” di temi, autori e generi, utilizzando, alla bisogna, testi opportunamente scannerizzati ;
d. esercizi di problematizzazione di temi di discussione cari agli studenti, da trasformare in contenuti di una domanda filosofica ;
e. costruzione del saggio/dissertazione come momento alto di autonoma produzione di un testo argomentativo di tipo filosofico da parte di uno studente dell’ultimo anno di corso.
Forse non è inutile ricordare che il manuale anzitutto è un testo filosofico con una millenaria tradizione di genere, la dossografia, appunto, e merita di venire utilizzato per operazioni di confronto, prima di tutto con altri testi dello stesso tipo, per analizzare concordanze e dissonanze nella presentazione di un autore ; per altro tale operazione, nonché di sicuro successo e di facile accesso, “demistifica”, in certo qual modo, il carattere di sacralità di quel manuale e, soprattutto, mette in moto la logica circolare interattiva di comprensione/produzione degli elementi fondamentali dell’analisi logica e del periodo del discorso filosofico.
L’entrare nel laboratorio di scrittura del filosofo, il condividere e l’utilizzare le sue strategie argomentative, l’aderire o il discostarsi dal suo registro stilistico-formale, sono tutte operazioni funzionali al con-filosofare, e permettono il passaggio graduale all’espressione di un pensiero autonomo, che sarà tale quando riscriverà i propri argomenti e presenterà i temi precipui in un rapporto necessariamente creativo con la tradizione ; l’artificio didattico messo in campo è indiscutibilmente ambivalente : si tratta , per un verso di costruire lo sfondo necessario alle domande “esistenziali” dei ragazzi, da trasformare in domande filosofiche , per l’altro verso si tratta di costituire lo spessore di senso di quelle stesse domande .
Per quanto riguarda, infine, quelli che abbiamo chiamato i primi elementi di analisi grammaticale del discorso filosofico, la struttura elementare della frase filosofica, il sillogismo, la metafora, l’analogia, il ragionamento induttivo e quello deduttivo, l’uso delle figure retoriche e dei connettivi semantici, ci sembra che una loro presentazione prima del testo e fuori contesto risulti velleitario come l’esempio, citato da Kant, di colui che voleva imparare a nuotare prima di immergersi nella piscina, e, soprattutto appesantisca inutilmente tutta la fase iniziale di questo apprendere le regole della scrittura filosofica per fare la scrittura filosofica.
Sarà invece opportuno rilevare in itinere gli stilemi, i topoi, le figure di cui si avvale la scrittura filosofica, seguendo la logica, per così dire, del controllo ortografico e grammaticale; oppure, sarà in un corso di secondo livello, e sulla scorta di un’enciclopedia personale più consistente, che gli alunni potranno utilmente mettere a profitto una conoscenza ed una pratica di questi elementi di base della comunicazione filosofica.