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Comunicazione Filosofica n. 10  maggio 2002

 

Una filosofia per l’Europa

Graziella Morselli

 

L’incontro che si è svolto il giorno 31 maggio presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli, patrocinato dall’Istituto stesso, insieme alla Direzione Educazione e Cultura della Commissione Europea e all’Associazione Professionale Universitaria, era dedicato al tema “Una filosofia per l’Europa”. Esso si inscrive nell’ambito del programma del Socrates thematic network, rete dedicata alla filosofia tra le tante reti di Università stese dalla Commissione in tutta Europa, allo scopo di coinvolgere il mondo educativo, ovvero docenti e studenti, nella creazione della cittadinanza europea. Per l’Italia la Rete ha la sede di riferimento presso l’Università di Urbino, dove nel settembre 2001 è iniziata la sua attività, proseguita poi a Siena, Roma e Napoli. Il programma futuro prevede incontri internazionali in collaborazione con diverse università d’Europa.

 

L’incontro napoletano è stato coordinato dalla prof.ssa Luigia Melillo del Coordinamento organizzativo della Rete e dell’IUO, che illustrando il programma della Rete ha prospettato la costituzione di un gruppo di lavoro sul progetto di una didattica comune della filosofia in Europa.

Il convegno, aperto dai saluti del Rettore dell’IUO, prof. Pasquale Ciriello e dell’Assessore alla Cultura della Provincia di Napoli, dott.ssa Angela Cortese, e chiuso dal prof. Giuseppe Giliberti, Coordinatore della Rete Socrates, ha risposto pienamente all’intento degli organizzatori. Che era quello di mettere soprattutto in risalto (secondo le parole del Coordinatore) il potere che ha la filosofia di “connettere esperienze culturali diverse.....in quanto indagine razionale sull’essere e sull’operare....” che evidenzia i problemi umani fondamentali “sui quali le diverse culture possono incontrarsi o confliggere”. Essa, quindi, può dirsi scienza di confine, e come tale ”promuovere il senso di un’appartenenza interculturale all’Europa, che non ha nulla di sostanziale ed esclusivo, ma cambia continuamente e convive con molte altre identità e fedeltà”.

I rappresentanti delle Università di Cracovia e di Tarragona, intervenendo nella sessione iniziale, hanno concordato su questa visione, mettendo particolarmente in luce gli apporti che possono venire al programma sia dall’ovest che dall’est dell’Europa, soprattutto se si riuscirà a costituire una sorta di Università comune sulla base di quei saperi forti che sono gli “studia humanitatis”

 

La seconda sessione è stata introdotta dalla relazione della prof.ssa Francesca Brezzi, Direttore del Dipartimento di filosofia dell’Università Roma Tre e Presidente della sezione romana della Società Filosofica Italiana. Sottolineando quello che ha chiamato il “bene delle diversità”, la relatrice lo ha inserito in quattro aspetti che sono in rapporto tra loro come cerchi concentrici: l’identità europea, che Lévy-Strauss preferiva denominare “destino comune” dei suoi popoli, la quale risiede soprattutto nel superamento della natura mediante la cultura; le rassomiglianze delle loro tradizioni e delle esperienze anche tragiche, di conflitto e divisione, ma che ha generato i valori su cui oggi si vuole fondare la Costituzione europea; la funzione delle Università, che se ovunque, secondo Marta Nussbaum, hanno il dovere di coltivare l’umanità, in Europa dovranno in particolare proporsi di educare a pensare secondo la chiave comunitaria e creare un simbolismo in tal senso; il compito della filosofia che è antropologico, epistemologico ed etico insieme. La filosofia, infatti, rinunciando all’assolutezza dell’unico principio e dell’unica lingua, potrà costruire tra i popoli un rapporto che mantenga e insieme oltrepassi la pluralità dei loro confini, intesi nel senso kantiano di “confini aperti”, dove si svolga lo scambio tra le diversità dei costumi e tra le molte trasformazioni dei saperi.

I successivi interventi della prof.ssa Rossella Bonito Oliva (Dipartimento di filosofia IUO) e della Preside Franca Sibili (sezione SFI di Napoli) hanno trattato i problemi della didattica di filosofia, rispettivamente nell’insegnamento universitario e in quello secondario, concordando su alcune necessità, come quelle della collaborazione tra i luoghi della formazione e dell’estensione a tutte le aree della scuola secondaria. Ma anche insistendo sul superamento dei programmi di storia della filosofia, da sostituire con una riflessione sull’esperienza rigorosamente impostata sull’analisi dei testi e sulla loro contestualizzazione, ma anche priva dell’illusione che il pensiero possa essere neutrale.

 

Infine hanno parlato i rappresentanti di due Paesi europei che hanno la filosofia nel curricolo delle scuole secondarie: il prof. Luis Marìa Cifuentes, per la Spagna, e il prof. Gerard Malkassian, per la Francia. Entrambi hanno illustrato modalità e condizioni in cui si svolge l’insegnamento della filosofia, e hanno parlato del grande lavoro di  rinnovamento della didattica che svolgono le associazioni alle quali appartengono. Ma nel caso della Spagna l’impegno maggiore, secondo il prof. Cifuentes, è dato da una forma continua di vigilanza politica, sia perché la filosofia non venga sottratta alle scuole secondarie, sia per l’autonomia dei suoi insegnanti rispetto alle imposizioni di programmi e di testi da parte delle Università, sia per mantenerne la laicità rispetto alle mire della Chiesa cattolica.

Dal suo canto, il prof. Malkassian ha rappresentato la situazione francese come dominata dal contrasto tra le riforme che sono dettate dall’amministrazione, la reazione di carattere conservatore e corporativo di gran parte dei docenti secondari, e la battaglia che conduce l’associazione Acireph, cui egli appartiene, su entrambi i fronti. L’obiettivo dell’Acireph, infatti, è di abbattere il secolare mito della filosofia come salvaguardia dell’ideale repubblicano e centro della formazione del cittadino come essere pensante, laico e libero. Mito che appare oggi del tutto fuori tempo, se si pensa che questo insegnamento è imposto all’80% degli studenti dell’ultimo anno in forma astratta e cattedrattica, e che per il 90% dei casi si traduce nella stesura di un compito d’esame molto misero, a dimostrazione dell’inefficacia di un  sistema che vorrebbe insegnare a pensare senza darne gli strumenti.