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Comunicazione Filosofica n. 14 gennaio 2005

 

Filippo Trasatti

La via argomentativa


La svolta argomentativa

E’ possibile parlare di una svolta argomentativa nella didattica della filosofia in Italia? A considerare una parte dei manuali più recenti sembrerebbe di sì, per quanto siano diverse le impostazioni storiografiche e metodologiche. Sembra che l’argomentazione abbia assunto in filosofia la funzione di un collante a fianco o al posto della tradizionale impostazione storica.
Le ragioni di questo mutamento sono diverse: sullo sfondo la cosiddetta riabilitazione della filosofia pratica, la ripresa dell’aristotelismo, la diffusione della neoretorica, la svolta linguistica, la crisi del modello storicistico tradizionale, l’affermarsi del modello più ampio di razionalità, l’ideale regolativo della comunità della comunicazione, infine ancora la convergenza intorno all’argomentazione delle diverse tradizioni filosofiche, quella ermeneutico-continentale e quella analitica.
Sul lungo divorzio tra retorica e filosofia e sulle sue reali ragioni, non si può insistere qui, ma alcuni punti almeno vanno sottolineati:
1. Platone, il filosofo che forse ha più avversato la retorica, seppur con dei distinguo , è tra quelli che se ne è maggiormente servito nei suoi testi. Nell’attacco della filosofia alla retorica c’è quella che Valesio ha definito “retorica dell’antiretorica” .
2. La questione della retorica è strettamente intrecciata a quella della libertà e del potere; e in particolare, nel contesto storico in cui questa disputa si sviluppa, alla questione della democrazia .
3. La lotta contro la retorica è un aspetto di quella “contesa di sapienza”, quella “nemicizia giurata e mortale” (diceva Leopardi) tra poesia e filosofia ; come la poesia, la retorica è ingannevole, esteriore, diletta, più che istruire, corrompe, invece di spingere alla ricerca della verità.
E’ stato Aristotele a trovare una via argomentativa tra filosofia e opinione, riprendendo la tradizione retorica precedente e sistematizzandola.
“Al pari della dialettica, la retorica non appartiene a un genere definito di oggetti, ma come quella è universale. Chiaro anche che essa è utile. Chiaro, infine, che la sua funzione non è solamente di persuadere , ma di vedere quanto ogni singolo caso comporti di persuasivo” .
Nella retorica da una parte e nella tradizione dialettica dall’altra (le prove dialettiche che Aristotele analizza nei Topici e che applica nella Retorica) si possono trovare le radici occidentali della riflessione sull’argomentazione, ripresa in tempi più vicini a noi nel Trattato sull’argomentazione di Perelman e Olbrecht Tyteca e dalla cosiddetta neoretorica.
Aristotele scrive nella Retorica: “Definiamo la retorica la facoltà di scoprire in ogni argomento ciò che è in grado di persuadere” (Retorica, I, 1355 b).
In questo modo Aristotele rivaluta la retorica rispetto a Platone e le affida il compito della persuasione: a differenza della dialettica che utilizza solo argomenti di tipo razionale, la retorica utilizza anche altri tipi di argomenti persuasivi non razionali. La prima sarebbe convincente, la seconda persuasiva: “convincente è quella tesi a cui l’interlocutore aderisce razionalmente; i metodi e gli argomenti adottati devono quindi far leva sull’intelligenza; (…) Si può catturare l’adesione di un interlocutore alla propria tesi anche attraverso metodi e argomenti che facciano leva sull’emotività, sull’irrazionale. In questo caso ci si preoccupa soprattutto di un’adesione immediata, non frutto di una riflessione; ci si preoccupa perciò di persuadere” .
Un buon esempio di questa distinzione si ha nell’Apologia di Socrate, quando Socrate dice:
“Carissimo,anch’io ho certo dei parenti: come dice Omero non sono nato “né da una quercia, né da un sasso” ma da uomini. Così cittadini d’Atene ho parenti e figlioli, tre figli, due ancora bambini e uno ormai giovinetto. Eppure non vi supplicherò di assolvermi conducendo qui alcuno di loro.”
“Sarebbe altrettanto ridicolo, scrive Aristotele, accontentarsi di argomentazioni ragionevoli da parte di un matematico quanto esigere prove scientifiche da un oratore” .
Ma in che misura una cesura così netta è ancora valida?

Il campo dell’argomentazione

Uno dei problemi più evidenti che s’incontrano, accostandosi allo studio dell’argomentazione, è quello della confusione terminologica. Dimostrazione e argomentazione a volte sono distinte concettualmente in modo netto, altre volte usate come sinonimi, altre ancora le si colloca all’interno di un continuum che va dall’opinione arbitraria e infondata alla certezza dimostrativa .
Talvolta si distingue tra argomentazione e retorica, oppure le si include l’una nell’altra; ancora, si contrappongono persuasione e convinzione, oppure le si pone all’interno di un continuum senza soluzioni di continuità.
Inoltre si fa riferimento a differenti definizioni di “retorica” : a quella classica con le sue cinque partizioni, a una retorica che coincide con una pragmatica del discorso, oppure a una che privilegia l’elocutio o l’inventio. E si potrebbe continuare ancora in questa confusione che non è solo terminologica..
Queste differenze mettono in rilievo principalmente due aspetti:
• da una parte l’ampiezza e la varietà nei riferimenti (cosa abbastanza comprensibile dato che si sta discutendo di una tradizione bimillenaria) producono una fioritura di classificazioni diverse , come accadeva anche per la retorica tradizionale, nel campo dell’elocutio; e com’è stato notato, la diffusione di tassonomie può essere segno di debolezza teorica;
• dall’altra però questa instabilità concettuale ha a che fare con una questione di grande portata, quella che è stata chiamata “questione delle due culture”, per molti versi ancora attuale; in altre parole a quella contrapposizione tra logica e retorica studiata in modo accurato da Giulio Preti .
Dietro a questa contrapposizione c’è evidentemente una visione epistemologica, un modo di concepire la scienza e la conoscenza in riferimento al modello geometrico-matematico. Ma c’è anche un modello di razionalità assunto come metro di misura e di paragone.
Nella conclusione del loro Trattato dell’argomentazione, Perelman e Olbrechts Tyteca scrivevano:
“Se una concezione ristretta della prova e della logica ha portato a una concezione assai misera della ragione, l’allargamento della nozione di prova e l’arricchimento della logica che ne risultano, non possono che reagire a loro volta sul modo in cui è concepita la facoltà di ragionare” .
Questa critica di una ragion misera ha come bersaglio la ragione come ratio, come calcolo, basata sul modello matematico, contrapposta alla ragionevolezza, logos epistemonikós contrapposto a phronesis.
Nel bel libro Gli usi dell’argomentazione, uscito nello stesso anno del Trattato, Stephen Toulmin, cerca di spiegare il perché del diffondersi del paradigma logico formale: a differenza dei sillogismi analitici, “altre classi di argomentazioni erano apparentemente meno trattabili: erano meno attendibili e più approssimative, implicavano salti sostanziali, si allontanavano da ogni modello formale di validità, erano espresse in termini di parole vaghe e in qualche caso non facevano appello ad alcuna garanzia stabilita o almeno riconoscibile” . L’importanza dell’opera di Toulmin sta nell’indicare la via di una razionalità plurale, contestuale che agisce in campi differenti con modalità differenti:
“I modelli dell’argomentazione nell’ottica geometrica sono diversi dai modelli che si possono trovare in altri campi: p. es. un brano di speculazione storica, in una dimostrazione del calcolo infinitesimale o nel caso di un querelante in una causa civile per inadempienza. (…) Quando troviamo differenze di questo tipo dobbiamo di norma rispettarle; abbiamo la libertà di cercare di escogitare nuovi e migliori sistemi di argomentazione in campi che ci interessano particolarmente, ma dobbiamo guardarci dal concludere che ci siano campi in cui tutte le argomentazioni allo stesso modo sono necessariamente non valide” .
Possiamo dunque ancora accontentarci dell’idea dell’argomentazione come logica minore? Qualcosa che si usa in mancanza di meglio, ossia di dimostrazione logica? Oppure è possibile considerare l’argomentazione come dotata di caratteri propri e in nessun modo sostituibile dalla dimostrazione?
La logica formale non si occupa del ragionamento, non si occupa propriamente di ragioni e contenuti dei ragionamenti, ma piuttosto della forma degli enunciati e dei ragionamenti e delle relazioni formali tra premesse e conclusioni nel ragionamento.
Essa non solo non è l’unica logica, ma non può essere usata nel caso di controversie che richiedono scelte di valore, laddove è esattamente la relazione di precisi soggetti umani a creare le condizioni della discussione, della cooperazione e del conflitto comunicativo. I valori, essendo in conflitto, richiedono procedure razionali argomentative per essere confrontati, elaborati, scelti e rifiutati.
Un elemento essenziale per l’argomentazione è dunque quello del confronto e del dialogo a differenza della dimostrazione (o ragionamento dimostrativo) di tipo logico-matematico che sembra valere per tutti e si serve di procedimenti deduttivi.
Se si comparano dimostrazione e argomentazione, tra gli altri, principalmente tre elementi distintivi si possono sottolineare:
* l’argomentazione ha carattere dialogico e relazionale; si rivolge a un uditorio più o meno ampio
* non richiede certezza ma solo probabilità a diversi gradi; parte da premesse verosimili e le sue conclusioni sono sempre contestabili.
* verte su una differenza di punti di vista per i quali nessun calcolo è risolutivo.

Tuttavia è necessaria una prudenza particolare per non sottoporre tutte le forme dell’argomentazione a una sorta di modello argomentativo unico e superiore al quale tutti gli altri dovrebbero uniformarsi. Su questo punto si tornerà alla fine.
Ci occuperemo qui propriamente di argomentazione che, nell’accezione utilizzata qui, costituisce il pilastro razionale della retorica, insieme a quello affettivo dell’oratoria .
Quando parliamo di argomentazione, parliamo dunque di un ragionamento che si fonda su argomenti razionali e va alla ricerca del consenso nel discorso pubblico.
In particolare nella teoria aristotelica dell’argomentazione, ripresa nel Trattato dell’argomentazione di Perelman Olbrecht Tyteca, si trovano alcuni aspetti fondamentali:
a) L’affermazione della contestualità del discorso, una sorta di pragmatica ante litteram;
b) La compresenza nella comunicazione umana di diversi aspetti tra loro intrecciati e che si possono chiamare logos, ethos e pathos;
c) L’argomentazione non è mera ripetizione, bensì acquisizione e ricerca delle tecniche di ragionamento.
Questi tre aspetti hanno una precisa rilevanza in campo formativo.
“Grazie alla possibilità dell’argomentazione, che fornisce le ragioni, ma delle ragioni non cogenti, scrivono gli autori del Trattato, è possibile sfuggire al dilemma: adesione a una verità obiettivamente e universalmente valida, o ricorso alla suggestione e alla violenza per far accettare le proprie opinioni e decisioni” .
La formazione di “abilità argomentative” costituisce un aspetto essenziale di quello che, con un’espressione vaga, chiamiamo “pensiero critico”, ossia la capacità di usare la razionalità per proporre argomenti pro o contro una tesi o una causa. Al di là dell’aspetto propriamente retorico e persuasivo, l’apprendimento di un uso specifico della razionalità è uno degli scopi fondamentali dell’insegnamento della filosofia.
Argomentare implica la capacità di oltrepassare i propri pregiudizi, le proprie opinioni, per offrire ragioni consistenti che supportino la posizione che decidiamo di sostenere. Richiede capacità di deliberazione e scelta prima di tutto tra sé, soppesando ragioni e argomenti, e anche di sapersi confrontare con gli altri su un certo argomento, proponendo un proprio punto di vista motivato, supportato da dati, esempi e argomenti di vario genere, insomma di saper motivare la propria opinione elaborando discorsi persuasivi.
“L’argomentazione è un’attività sociale, verbale, intellettuale che serve a giustificare o a confutare un’opinione, costituita da una costellazione di asserzioni e volta a ottenere il consenso dell’uditorio” .
Si può mostrare tuttavia che al di là delle trattazioni teoriche, esiste anche una capacità argomentativa spontanea (una “retorica spontanea”) che viene utilizzata tutti i giorni da ciascuno di noi inconsapevolmente per persuadere i nostri interlocutori. Per usare una distinzione corrente, si tratta di una sorta di know how, appreso informalmente, che va distinto da un know that, una conoscenza teorica esplicita intorno ai meccanismi della retorica.
E’ opportuno tener distinti questi due piani: il livello della razionalità argomentativa consapevole e il livello dell’utilizzo spontaneo e inconsapevole di argomenti persuasivi.
Nel progettare un percorso didattico sull’argomentazione è utile però far interagire questi due livelli .
Qui ci occupiamo prevalentemente di discorsi scritti, ma sulla questione dell’oralità e della scrittura uno spunto interessante può venire da un testo che si presta a una riflessione approfondita con gli studenti, il pamphlet di Alcidamante Sugli scrittori di discorsi e sui sofisti .
E’ pensabile attuare, nel quadro dell’attuale curricolo scolastico, una riabilitazione della retorica, e dell’argomentazione come ponte tra lo studio della filosofia e delle letterature, ma anche come strumento per lo sviluppo del pensiero?
Cercherò in quel che segue di sviluppare alcune questioni più generali e al posto delle conclusioni presenterò un programma di ricerca sull’argomentazione, di cui sono stati realizzati alcuni segmenti in classe .
Sinteticamente questi sono i punti rilevanti del percorso:
• distinzione tra testi espositivi e testi argomentativi;
• gli elementi fondamentali dell’argomentazione: la struttura e i componenti essenziali;
• alcuni esempi di applicazione.


Testi argomentativi / testi espositivi

Un primo passo è recuperare la distinzione tra testi espositivi e testi argomentativi, che si trova nei manuali di scrittura. Bisogna precisare fin dal principio che nei testi reali si mescolano diversi tipi di prosa (descrittive, narrative, espositive, argomentative si trovano intrecciate; a volte all’interno di uno stesso periodo troviamo forme testuali diverse).
Comunque si possono proporre alcuni elementi distintivi per quelle che vengono definite prose di base:
“1. La descrizione è una prosa che presenta oggetti, persone, luoghi e sentimenti utilizzando , per quanto possibile, dettagli concreti. La descrizione evidenzia la percezione che l’autore ha degli oggetti e dei sentimenti attraverso i cinque sensi.
2. La narrazione è una prosa che presenta una storia , espone un evento o una serie di eventi in senso lato. Nel caso si tratti di più eventi , questi sono collegati da un filo conduttore (per es. tempo, protagonista, luogo, ecc..
3. L’esposizione è una prosa che presenta e spiga idee, soggetti e argomenti, ne chiarisce lo scopo e ne mostra l’organizzazione. Utilizza diversi metodi retorici come la classificazione, il confronto, il contrasto, l’analogia, la definizione e l’esempio.
4. L’argomentazione è una prosa che presenta fatti, problemi, e ragionamenti in base a un’opinione, generalmente quella dell’autore. E’ in genere possibile individuare i seguenti quattro elementi:
a) analisi o almeno presentazione di un problema;
b) presentazione di fatti e discussioni che costituiscono la base dell’argomentazione;
c) proposta di una soluzione o tesi e suo sviluppo attraverso l’esposizione di fatti e attraverso argomentazioni logiche;
d) critica di altre soluzioni o tesi in alternativa” .

Per i nostri scopi sono gli ultimi due i tipi di prose che importa distinguere meglio: la differenza prevalente sembra la presenza esplicita (o implicita) nel testo argomentativo di una prospettiva, un punto di vista dell’autore di un determinato argomento, ossia supportati da argomentazioni, mentre nei testi espositivi dovrebbe prevalere una presentazione la più possibile distaccata degli argomenti.
Nel testo argomentativo lo scopo prevalente è persuasivo nei confronti del lettore, mentre in quello espositivo dovrebbe essere prevalentemente informativo ed esplicativo: mentre nel primo caso l’autore si trova a difendere una certa tesi, un punto di vista relativo all’argomento in questione, nel secondo può già dar per scontato nei lettori un certo consenso sugli argomenti, lo scopo è quello di esplicitarli nel miglior modo possibile.
In via puramente teorica si potrebbero dunque contrapporre i due tipi di testo come segue:

T.ARGOMENTATIVO T.ESPOSITIVO

SCOPI PERSUASIONE INFORMAZIONE
VALUTAZIONE STRINGENZA DEGLI ARGOMENTI E CONSEQUENZIALITA’ PERSPICUITA’ DELLA PRESENTAZIONE
USO DELLE FIGURE IN FUNZIONE RETORICA USO DI UN LINGUAGGIO PREVALENTEMENTE DENOTATIVO
LESSICO COMPRESENZA DI DIVERSI LINGUAGGI SETTORIALI PREVALENZA DI UN DETERMINATO LINGUAGGIO SETTORIALE
CONNETTIVI PREVALENTI SUBORDINANTI: CAUSALI, CONCLUSIVE, DICHIARATIVE COORDINANTI

Concentrandoci poi sui testi argomentativi, si potrebbe dire in breve che “un testo argomentativo presenta un problema, su cui formula un giudizio e contiene le prove adatte a sostenerlo” .
Dopo questo tentativo di distinzione, si scelgono due testi , uno espositivo l’altro argomentativo , tratti da quotidiani, il più possibile “tipici”, li si analizzano e li si comparano insieme agli studenti.


* I mattoni dell’argomentazione

Si passa poi ad approfondire la questione dell’argomentazione. Che cos’è propriamente che consideriamo argomentazione e come la distinguiamo da altri strumenti persuasivi, come la dimostrazione o le minacce?
Innanzi tutto non esiste una via unica dell'argomentazione. L'argomentazione filosofica non è quella giuridica. Per usare i termini di Toulmin, ci sono differenti campi dell’argomentazione. .
Quello che qui ci interessa è però un percorso inclusivo, non esclusivo.
Riprendiamo alcuni elementi generali dell'argomentazione delineati dai già citati Perelman e Olbrecht-Tyteca .
Cinque tratti fondamentali che distinguono l'argomentazione da una dimostrazione ad esempio matematica.
L'argomentazione:
a) si rivolge a un uditorio;
b) si esprime in una lingua naturale;
c) parte da premesse verosimili;
d) si sviluppa secondo un percorso, secondo un ordine, scelto dall'autore;
e)le sue conclusioni sono sempre contestabili.

Questi tratti consentono di delineare un’altra “logica”, pragmatica, una logica del probabile che è costituzionalmente dialogica, cooperativa e/o conflittuale, contestuale, razionale, ma non razionalista, che pretende di modificare credenze, convinzioni, comportamenti.
Proprio questa impostazione pragmatica ci spinge, di fronte a un testo argomentativo, a porre alcune domande di fondo :
Chi parla? Chi è l’autore? Che autorità ha in merito alla questione di cui parla? Che cosa possiamo sapere di lui che abbia rilevanza per l’analisi del suo testo?
A chi parla? Per quale tipo di uditorio è pensata, scritta o pronunciata, questa argomentazione?
Contro chi? Bisogna sempre cercare sullo sfondo un bersaglio polemico o un interlocutore esplicito. Un suggerimento di Brandt nell’analisi dei testi filosofici è quello di cercare di vedere una argomentazione anche sempre come una confutazione. “Ogni teoria ha in sé elementi conflittuali, come ogni giudizio ha in sé la sua negazione” .
Di che parla? Un’analisi tematica che metta in luce temi e sottotemi del testo.
Come l’autore argomenta? Qui sta propriamente l’analisi retorica.
Quando e dove? In che epoca, in che periodo viene svolta questa argomentazione? Dove parla o in che contesto appare il testo ? E’ il carattere contestuale del testo argomentativi.
Perché? Quali scopi si propone prevalentemente? Si possono individuare scopi espliciti e ricercare scopi nascosti .
Una volta poste queste domande e trovate alcune risposte provvisorie, è possibile isolare alcuni elementi che sono per così dire i mattoni dell’argomentazione
• Tesi, antitesi
• Dati, indizi, esempi, citazioni
• Fonti
• Argomenti (tipologia)
• Struttura argomentativa (ragionamento, concatenazione)
• Il rapporto con l’uditorio (o con il pubblico dei destinatari)

Questo primo schema può essere usato per l’analisi di un testo argomentativo piuttosto comune: l’editoriale di un quotidiano.
Proviamo adesso a seguire un procedimento di smontaggio dell’argomentazione.
* In primo luogo possiamo cercare di mettere in evidenza l’ossatura, l’armatura del testo che stiamo leggendo, quella che si può chiamare struttura argomentativa.
Leggendo il testo, l’editoriale ad esempio, si cerca di individuare qual è l’opinione, la tesi principale difesa dall’autore che può essere ben esplicitata oppure restare in secondo piano. Intorno a questa tesi principale l’autore avrà sviluppato una serie di tesi e argomenti correlati, in qualche modo dipendenti da questa tesi principale. Una volta individuati questi argomenti, si potrebbe proporre una prima mappatura: al centro la tesi principale del testo, intorno collegati da frecce gli argomenti correlati.
Ancora si potrebbe dividere il testo nelle tre classiche sequenze, ossia in tre grandi sezioni: tesi, sviluppo, conclusione.
* Che argomenti utilizza l’autore?
E’ possibile riportarli a delle tipologie? La summa è ancora il Trattato dell'argomentazione su citato, ma è preferibile partire da sintesi brevi ed efficaci. Si può utilizzare un manuale come quello di Boniolo e Vidali o la tipologia degli argomenti di Reboul . Si aggiunge a questi un catalogo di fallacie. L’importante è procedere con gradualità per non perdersi.
Una volta classificati questi argomenti bisogna imparare a riconoscerli nei testi e in seguito si potranno utilizzare, proponendo nuovi esempi sul modello offerto dai testi.
Tanto più ampio sarà il proprio campo di riferimenti, tanto più ricca potrà risultare l'argomentazione.
*Si può invece seguire un’altra via: si può cercare di esplicitare la concatenazione degli argomenti nel testo attraverso l’individuazione dei nessi sintattici. Si tratta allora di evidenziare i connettivi nel testo e in particolare quelli che servono all’argomentazione, utilizzando espedienti grafici per analizzare i punti importanti del testo e sottolineando i termini che esprimono relazioni logiche tra proposizioni;

* Ad un altro livello si può cercare di esplicitare gli impliciti dell’argomentazione, evidenziando:
a) le definizioni implicite; ad es. “la politica è un fatto essenziale per la vita associata.” Che cosa intende l’autore per “politica”?
b) scopo esplicito e scopo implicito dell’argomentazione;
c) i nessi logici non specificati da connettivi;
d) i destinatari reali dell’argomentazione;
e) i presupposti che stanno alla base dell’argomentazione.

Lo sviluppo del pensiero

Lo studio dell’argomentazione ha come obiettivo non solo l’acquisizione di una capacità analitica di argomentazioni già date, ma anche lo sviluppo di un’euristica, intesa come l’arte e la tecnica della ricerca creativa di argomenti per lo sviluppo di un tema e per il supporto di una tesi.
Si può provare a collocare l’argomentazione all’interno dei modi di sviluppo del pensiero, secondo una classificazione derivata dalla retorica, in particolare quella relativa alle figure di pensiero, proposta da Lausberg . La tassonomia si fonda sulle quattro operazione del mutamento: aggiunzione, detrazione,permutazione, sostituzione .
In questo itinerario si è provato a considerare lo sviluppo del pensiero come frutto di specificazione, illustrazione e argomentazione.

SPECIFICAZIONE

Posso sviluppare il pensiero specificando, approfondendo, amplificando, chiarendo attraverso una serie di procedimenti che sono già stati studiati dalla retorica antica nell’ambito delle figure di pensiero.
Partendo da un enunciato x , lo sviluppo con enunciati che precisano, ritoccano, parafrasano, esprimono altrimenti. Resta lo stesso enunciato? No, ma intanto il processo di pensiero è messo in moto. La retorica classica proponeva diverse figure che hanno questo scopo.
“La commoratio (lat. “indugio”) è un indugio ripetitivo sulle idee comunicate. Tale indugio può attuarsi nella interpretatio o parafrasi interpretativa, che consiste nell’accostare a un enunciato un altro equivalente, col risultato di chiarire e arricchire il pensiero già espresso” :
Es. Ero stato tutto il giorno immerso nel tedio, quella sensazione di grigiore pesante che impedisce di concludere alcunché.
Qui si apre tutto il campo della definizione, delle operazioni attraverso le quali cerchiamo di fissare, ancorare il contenuto semantico delle parole che utilizziamo. Ci sono diversi tipi di definizione, nessuna delle quali è indifferente per il fine che vogliamo ottenere.
“Il suo valore argomentativo riguarda la scelta dei dati , perché la struttura della definizione non è utilizzata per fornire il senso di una parola, ma per dar rilievo ad alcuni aspetti di una realtà che rischierebbero di rimanere oscuri. In questa prospettiva la definizione retorica gioca un ruolo argomentativo analogo a quello dell’epiteto ( ) , adibito alla qualificazione dell’oggetto e alla messa in rilievo di tutti quei caratteri che si considerano pertinenti dal punto di vista dei propri scopi argomentativi” .
Per avere l’idea dell’importanza della definizione, si pensi a tutte le volte che, nel discorso, gli interlocutori sembrano parlare della stessa cosa e si accorgono di avere in mente significati del tutto diversi.
Es. La ricchezza non fa la felicità.
A. Tu intendi la ricchezza materiale, naturalmente. Ma se comprendessimo nella ricchezza anche quella spirituale, diresti ancora che la ricchezza non fa la felicità?
La commoratio può attuarsi anche in una forma diversa, ossia come expolitio (lat. “ritocco”): “un ritornare sullo stesso tema , o sul nucleo di questo, aggiungendo informazioni complementari e variando l’espressione. Esempio classico l’attacco ciceroniano della prima catilinaria : “Fino a quando abuserai , o Catilina, della nostra pazienza? Per quanto tempo ancora codesta tua follia si prenderà gioco di noi? Fin dove si spingerà questa tua sfrenata insolenza?” .
Un altro esempio: attraverso l’amplificazione, il pensiero si articola, si specifica nei particolari.
E’ un processo di accumulazione che dilata, crea connessioni per far comprendere meglio all’altro. E’ come se rispondesse a un’implicita richiesta di chiarimento. Potresti spiegare meglio o in modo diverso?
Poiché non esiste sinonimia perfetta, ogni accumulazione è ampliamento del pensiero.
Sempre in questo ambito possono essere inserite altre figure retoriche.
“La dubitatio (“esitazione” in greco aporia) è l’incertezza tra due o più possibili interpretazioni di un fatto, evento, stato di cose; si vagliano circostanze e opinioni contrastanti, si valuta il pro e il contro di una situazione e di un’idea, in vista di una decisione da prendere” .
In una forma estesa può costituire tutta la prima parte introduttiva di un’argomentazione, in cui ci si interroga sulla tesi e sull’antitesi:
Es. Quale posizione bisognerà assumere riguardo alla legalizzazione delle droghe leggere? Dovremo modificare la legge….
In termini filosofici si può dire che costituisce l’essenza dello stile socratico, basato sul dubbio.
Può essere un’indecisione sulla posizione da prendere, ma può esprimere anche un dubbio su una definizione di un concetto, o ancora su quale direzione può prendere il pensiero.
Ancora la correctio (o epanortosi, “correzione”) è un chiarimento semantico che tradizionalmente viene classificato in due tipi: come contrapposizione (antitesi) e come miglioramento. “La figura si realizza nel discorso in genere secondo due formule principali: l’avversativa «non x, ma y» , oppure la comparativa «x, anzi per meglio dire y».
Nel secondo caso si rientra in qualche modo in una forma di expolitio, nel primo invece quello della contrapposizione e dell’antitesi che diventa una strategia argomentativa fondamentale per lo sviluppo del pensiero
Qui si apre il campo filosoficamente assai ricco delle coppie filosofiche che però merita una trattazione a parte che non sviluppo qui .

ILLUSTRAZIONE

La retorica tradizionale definisce ipotiposi (evidentia) una serie di procedimenti di pensiero che in qualche modo stimolano la nostra immaginazione, ponendoci davanti agli occhi qualcosa che serve a orientare il nostro pensiero in una certa direzione.
Si può introdurre esplicitamente dicendo: “immaginate…” oppure indirettamente.
Si possono descrivere luoghi (“topografie”), circostanze di tempo (“cronografie”), caratteristiche di una persona o di un personaggio (“prosopografie”), qualità e vizi di qualcuno (“etopea”), ritratti, paralleli ecc.
In sintesi uno dei modi per amplificare e sviluppare il pensiero consiste nell’aggiungere descrizioni che aiutano me e l’ascoltatore facendo appello più direttamente all’immaginazione.
In questa categoria possiamo far rientrare anche la sentenza, il paragone e l’esempio.
La sentenza (o massima, o gnome) è un enunciato di valore generale , caratterizzato da grande concisione, ingegnosità e spesso d arguzia paradossale. Svincolata da un’argomentazione di tipo sillogistico, essa si presenta come universalmente valida , in ogni tempo e in ogni circostanza e può essere usata in un discorso o in un racconto per ricondurre a generalità (per esempio di ordine etico) le vicende particolari di cui si sta parlando” . Si pensi ad esempio alle favole di Esopo.
La similitudine è modernamente considerata una delle due specie del paragone (l’altro è il confronto). Consiste nel confrontare l’uno con l’altro esseri animati e inanimati, atteggiamenti, azioni, processi, avvenimenti in uno dei quali si colgono caratteri, aspetti somiglianti e paragonabili a quelli dell’altro.
L’esempio (lat. Exemplum, gr. paràdeigma) è il racconto di un episodio citato a conferma di ciò di cui si sta trattando. Può essere usato come argomento, raccontando di un caso o una storia che serve per arrivare a una generalizzazione.
Es. Se immergo un bastone nell’acqua lo vedo spezzato, ma lo sento integro. Ciò mostra che i sensi si contraddicono tra loro: dunque la conoscenza sensibile, che si basa sui sensi, non è attendibile .

ARGOMENTAZIONE

Più che proporre l’ennesima classificazione, che si può trovare in diversi libri , si propongono qui tre aspetti dello sviluppo argomentativo del pensiero :
a) luoghi e schemi argomentativi
b) sintassi del testo, sintassi del pensiero
c) modelli euristici

a) L’argomentazione, abbiamo detto, è il pilastro razionale del discorso persuasivo, quello in cui si offrono gli argomenti e le prove a favore della propria tesi e per confutare quella dell’avversario. Per comprendere come procede il pensiero, si può usare il modello tema/rema, ossia del luogo comune e dello sviluppo. Canfora, riferendosi alle strategie del discorso assembleare in Grecia, ha scritto: “Il discorso è essenzialmente una concatenazione di ragionamenti.(…) Ma per mettere ordine e far emergere il collegamento tra questi ragionamenti, sono necessari alcuni puntelli. Tali pilastri del discorso sono in genere rappresentati da una serie di verità generalmente accettate o “luoghi comuni” nel senso retorico” .
In altre parole l’argomentazione, rivolgendosi a un uditorio per ottenere un assenso, deve poter contare su alcuni luoghi condivisi: senza punti di appoggio comuni, all’oratore e all’uditorio, non c’è possibilità di sviluppo dell’argomentazione. E’ possibile concepire la topica i due modi distinti : come archivio, classificazione oppure come procedura, schemi argomentativi. Nella retorica classica prevale il primo modo, mentre nella neoretorica si è prestato più attenzione al secondo.
Perelman e Olbrecht Tyteca , ad esempio, considerano i topoi come schemi generali di strutturazione del pensiero spesso sottintesi e li hanno riuniti in sei tipi:
1) luoghi della quantità: “una cosa vale più di un’altra per ragioni quantitative”
2) luoghi della qualità: “ciò che conta è la qualità non la quantità”
3) luoghi dell’ordine: superiorità del prima rispetto al dopo, dei principi rispetto alle applicazioni concrete, delle leggi rispetto ai fatti, delle cause sugli effetti;
4) luoghi dell’esistente: preminenza del reale sul possibile, dell’attuale sul virtuale;
5) luoghi dell’essenza: attribuisce la superiorità a individui o valori che rappresentino al meglio, in modo più tipico, un’essenza;
6) luoghi della persona: si appoggiano sui valori della dignità , dell’autonomia, del merito .
Un uso accorto di tali schemi argomentativi richiede la capacità prima di tutto di vederli all’opera implicitamente nel proprio pensiero, in quella che ho chiamato “retorica spontanea”.
b) “Per pensar bene, dice Locke, non basta che uno abbia idee chiare e distinte sui suoi pensieri, né che osservi la concordanza e la discordanza esistente tra alcune di esse; egli deve anche pensare in modo legato e tener conto della dipendenza l’uno dall’altro dei suoi pensieri e ragionamenti. E a ben esprimere tali pensieri metodici e razionali deve aver parole che dimostrino quale connessione, restrizione distinzione, opposizione, enfasi ecc., egli attribuisce rispettivamente a ciascuna parte del suo discorso” .Quella che Locke indica e in parte sviluppa nel suo trattato è un’analisi della grammatica del discorso e del pensiero a partire dalle connessioni linguistiche che non devono essere, come avviene per lo più nella grammatica semplicemente classificate, ma indagate e messe alla prova. “Sebbene le preposizioni,le congiunzioni, continua Locke, siano nomi ben conosciuti in grammatica, e le particelle comprese sotto tali titoli siano state accuratamente classificate nelle loro distinte suddivisioni, tuttavia, chi volesse dimostrare il retto uso delle particelle, e qual forza ed ampiezza di significazione esse abbiano, non deve limitarsi a scorgere questi cataloghi, deve riflettere sui propri pensieri e osservare con molta attenzione i vari atteggiamenti che prende la sua mente nel discorrere” . E’ importante riuscire ad andare oltre all’analisi sintettica tradizionale per cogliere le reali connessioni tra i pensieri nel discorso. I “connettivi” (“giuntori” nella terminologia di Weinrich) tengono insieme il pensiero e stabiliscono delle relazioni d’ordine tra le parti. Considerando un testo argomentativo, posso descriverlo secondo i modi in cui si sviluppa effettivamente, attraverso specificazioni, illustrazioni, comparazioni, argomentazioni vere e proprie, secondo l’ordine dato; oppure posso tentare di ricostruire una gerarchia implicita basata su certi criteri: non tutte le parti allora stanno sullo stesso piano, ci sono piani diversi del discorso. E’ come se si cercasse di mettere in luce la struttura multidimensionale e non lineare del testo e di sfruttarla poi nello sviluppo del discorso.
c) Heuresis, in latino ars inveniendi, è una delle parti fondamentali della retorica classica, l’inventio. E’ la ricerca e il ritrovamento degli argomenti per sostenere una certa tesi o argomentazione e si riallaccia alle topiche tradizionali. Plebe e Emanuele hanno proposto con forza l’idea di un’inventio creativa che ha il compito di preparare e inventare quei “categorial framework” che sono l’impalcatura di ogni discorso e ragionamento. Nel loro libro suggeriscono alcune tecniche inventive che possono essere utilizzate e sviluppate: la tecnica dell’antimodello, l’iterazione dei concetti, paradosso, eikonologia ecc.


Fallacie

Per fallacie si intendono in generale, gli errori in un ragionamento. Possono esserci due tipi diversi di errori: legati alla verità o alla falsità delle proposizioni usate nell’argomentazione o all'aver torto sui fatti; oppure ed è questo il caso delle fallacie propriamente dette, errori di concatenazione per cui tra le premesse e le conclusioni non si possono trarre inferenze valide. In altri termini, una fallacia è un'"argomentazione" nella quale le premesse date non danno il necessario grado di supporto per la conclusione. Si può anche dire che le fallacie danno origine a un non sequitur, ossia a una concatenazione non stringente in cui si inferiscono conseguenze non pertinenti rispetto alle premesse.
Sono vere e proprie scorrettezze, a volte commesse consapevolmente altre no. Non tutti sono d’accordo su quali e quante siano, alcuni ammettono una sorta di gradualità, in base alla quale si passa da un argomento ammissibile a una fallacia.
Per fare un esempio illustre si pensi a John Locke che cita tra gli argomenti molto utilizzati l’argumentum ad verecundiam:
Un primo modo per classificare le fallacie è rispetto ai tipi di ragionamento: deduttivo, induttivo, osservativo fattuale.
Una fallacia deduttiva è un'argomentazione deduttiva non valida (potrebbe avere tutte premesse vere ed avere comunque una conclusione falsa). Una fallacia induttiva è meno formale di una deduttiva. Sono semplicemente argomentazioni che sembrano argomentazioni induttive, ma le premesse non danno abbastanza supporto alle conclusioni. In questi casi, anche se le premesse fossero vere, le conclusioni non avrebbero maggiore possibilità di essere vere.
Errore fattuale
New York è la capitale degli Stati Uniti.
Errore deduttivo
Premessa 1: Se Venezia è la capitale del Maine, allora è in Italia.
Premessa 2: Venezia è in Italia.
Conclusione: Venezia è la capitale d’Italia.
Errore induttivo
Premessa 1: Appena arrivato in Ohio, ho visto uno scoiattolo bianco.
Conclusione: Tutti gli scoiattoli dell'Ohio sono bianchi.
Queste ultime sono anche chiamate generalizzazioni false e indebite
C’è poi un’altra possibile classificazione sulla base del modello di comunicazione, a seconda che si riferiscano al mittente, al destinatario, all’oggetto o al mezzo linguistico .


Qualche conclusione e un programma di ricerca

Il percorso che ho cercato di illustrare è estremamente vario ed ampio e dev’essere riarticolato in segmenti di lavoro più precisi, appropriati alle diverse classi , accuratamente dosati.
Tuttavia , nonostante il carattere ancora frammentario del percorso, si saranno certamente colte le potenzialità e gli sviluppi di un modo completamente diverso di utilizzare la retorica a scuola in un ambito disciplinare che, primariamente sta tra la filosofia e l’italiano, ma che può facilmente essere estesi ad altri ambiti.
La via dell'argomentazione è in partenza una "via debole" , consapevole dei propri limiti, ma anche della propria forza. In che cosa consiste la forza del pensiero? E come si può imparare a riconoscerla? Quali sono i tipi di argomenti più comunemente utilizzati? La proposta è quella di una lettura retorica dei testi (filosofici e non) che ne metta in luce con gradualità l'architettura argomentativa, il tipo di argomenti impiegati, i punti di forza e di debolezza . Esiste una tradizione retorica ricchissima che può essere rivisitata e rivitalizzata, diventando uno degli elementi di base per l'acquisizione di un pensiero critico.
Ma il punto essenziale consiste nel ridefinire la retorica come uno strumento non soltanto di analisi, ma anche di produzione, una sorta di retorica cognitiva che fa da guida nello sviluppo del pensiero.
E’ un programma di ricerca appena abbozzato che ha bisogno di ulteriori approfondimenti , prove ed esemplificazioni e che qui propongo all’attenzione di tutti.


Appendice
Alcuni degli esercizi proposti:

• Quali sono i modi , le occasioni in cui esercitiamo quella che abbiamo chiamato “retorica spontanea”? Proviamo a ricordare degli esempi del nostro uso della retorica spontanea: quella volta in cui ho cercato di convincere mia madre a lasciarmi uscire; la volta in cui ho convinto un amico a venire con me in vacanza ecc.
• Dalla lettura del fondo di un quotidiano elencare gli argomenti usati a sostegno della tesi e specificare di che tipo sono.
• Dato un qualsiasi testo breve in cui è esposta e argomentata una tesi, e evidenziarle e confutarle.
• Elaborare mappe cognitive come strumento di lettura della struttura argomentativa di un testo.
• Confrontare il diverso modo in cui due testi sviluppano l’argomentazione; come esempio
• Evidenziare in due testi filosofici del programma, due diverse strategie argomentative e confrontarne l'efficacia (es. Platone nel Fedone);
• Dalla pratica della quaestio e della disputazione orale tra studenti, si può passare ad analizzare per iscritto come si sia svolta l'argomentazione dei due oratori, quali argomenti si siano usati per sostenere la tesi e l'antitesi.
Ecco un esempio di quaestio utilizzata: Intelligenza artificiale: Con il nome di "intelligenza artificiale" si designa un campo di ricerca della cibernetica dedicato alla ricerca sulle macchine complesse, come i computer e i robot, che possono imitare il comportamento intelligente dell'uomo. Molti degli entusiasti di questa nuova branca scientifica annunciavano già negli anni Sessanta scoperte e invenzioni sensazionali nel campo dell'intelligenza artificiale che avrebbero cambiato il volto del mondo contemporaneo. Ma che cosa può voler dire costruire una macchina intelligente, al pari dell'uomo? quali sono le componenti dell'intelligenza umana che si vogliono e si possono imitare? C'è qualcosa di inimitabile nell'uomo o soltanto conosciamo troppo poco la nostra mente per poter riprodurne il funzionamento in una macchina? Scrivi una tua argomentazione in proposito.